“È sempre più evidente nelle parole e negli atteggiamenti di molti la stretta relazione tra la scelta delle celebrazioni secondo i libri liturgici precedenti al Concilio Vaticano II e il rifiuto della Chiesa e delle sue istituzioni in nome di quella che essi giudicano la ‘vera Chiesa’”. A denunciarlo è il Papa, che nel Motu Proprio “Traditionis Custodes” non usa mezzi termini: “Si tratta di un comportamento che contraddice la comunione, alimentando quella spinta alla divisione – ‘Io sono di Paolo; io invece sono di Apollo; io sono di Cefa; io sono di Cristo’ –, contro cui ha reagito fermamente l’Apostolo Paolo”. “È per difendere l’unità del Corpo di Cristo che mi vedo costretto a revocare la facoltà concessa dai miei predecessori”, spiega Francesco, secondo il quale “l’uso distorto che ne è stato fatto è contrario ai motivi che li hanno indotti a concedere la libertà di celebrare la Messa con il Missale Romanum del 1962. Poiché ‘le celebrazioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è ‘sacramento di unità’ , devono essere fatte in comunione con la Chiesa. Il Concilio Vaticano II, mentre ribadiva i vincoli esterni di incorporazione alla Chiesa – la professione della fede, dei sacramenti, della comunione –, affermava con sant’Agostino che è condizione per la salvezza rimanere nella Chiesa non solo ‘con il corpo’, ma anche ‘con il cuore’” . Di qui la “ferma decisione di abrogare tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti al presente Motu Proprio, e di ritenere i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, come l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano”. Infine l’invito ai vescovi: “Spetta soprattutto a voi operare perché si torni a una forma celebrativa unitaria, verificando caso per caso la realtà dei gruppi che celebrano con questo Missale Romanum. Le indicazioni su come procedere nelle diocesi sono principalmente dettate da due principi: provvedere da una parte al bene di quanti si sono radicati nella forma celebrativa precedente e hanno bisogno di tempo per ritornare al Rito Romano promulgato dai santi Paolo VI e Giovanni Paolo II; interrompere dall’altra l’erezione di nuove parrocchie personali, legate più al desiderio e alla volontà di singoli presbiteri che al reale bisogno del «santo Popolo fedele di Dio”. Nello stesso tempo, il Santo Padre chiede ai vescovi di “vigilare perché ogni liturgia sia celebrata con decoro e fedeltà ai libri liturgici promulgati dopo il Concilio Vaticano II, senza eccentricità che degenerano facilmente in abusi”.