“Sul versante della salute e dell’organizzazione sanitaria, la pandemia ha fatto emergere un senso collettivo di inadeguatezza, forse una mancanza, certamente un bisogno di protezione e ha sottolineato l’importanza di disporre di un Servizio sanitario a impronta marcatamente pubblica, diffuso omogeneamente sul territorio nazionale e capace di tutelare la salute di tutti, al di sopra degli interessi particolari”. È quanto emerge dal Rapporto “Salute e fragilità sociale in tempo di pandemia: un punto di vista” presentato oggi dalla Caritas diocesana di Roma.
Tra le criticità riscontrate in Italia nei mesi di pandemia emergono chiaramente quelle che riguardano la popolazione straniera. “Si è registrata infatti – secondo Caritas Roma – una sproporzione di impatto di salute per gli immigrati con un maggiore rischio di morte nei pazienti provenienti da paesi a basso Indice di sviluppo umano: 1,32> di quello dei pazienti italiani ed un ritardo di diagnosi (15-30 gg)”. Nei centri di accoglienza, la possibilità di accesso alle misure di prevenzione e di contenimento del contagio sono state a carico degli enti gestori senza indicazioni da parte delle istituzioni.
Alto il rischio di “invisibilità” per quello che riguarda le vaccinazioni in un contesto in cui, da giugno 2021, alcune Regioni hanno cominciato a vaccinare in modo disomogeneo e discontinuo. Vi sono poi persone che rischiano di rimanere ai margini o esclusi dal sistema: 500mila immigrati senza un permesso di soggiorno che per accedere alle prestazioni sanitarie possono però avere il codice Stp; altre decine di migliaia, ma difficilissimi da quantificare, i comunitari non in regola amministrativamente, che per l’accesso alla sanità possono richiedere la tessera Eni; 200mila gli stranieri che hanno fatto domanda di regolarizzazione e che non ha ricevuto alcuna risposta. Oltre a questi, più di 50mila senza dimora, molti dei quali non in contatto con la rete di volontariato.