La ricerca promossa dal Centro di Ateneo di studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica, presentata nel corso della 7ª edizione dell’International Conference on Adoption Research (Icar) rileva che “parlare dell’adozione con i minori adottati è un processo che si svolge nella quotidianità e lungo tutto il percorso della famiglia adottiva e che si ripropone in particolare nelle transizioni critiche del ciclo di vita, quale quella adolescenziale”.
I genitori “sono chiamati a riconoscere l’interesse e la curiosità dei propri figli per la propria famiglia di nascita, facilitando le domande e la condivisione di pensieri e sentimenti e tenendo conto delle diverse fasi dello sviluppo cognitivo ed emotivo del minore, della sua capacità di comprendere e integrare le informazioni nel proprio concetto di sé e nella propria storia di vita. Compito dei genitori adottivi è aiutare il figlio a costruire e condividere i significati legati alla storia dell’adozione e sostenerli nel far fronte alle emozioni legate alla perdita connessa all’adozione” e “nel mantenere il contatto con le origini, infine aiutarlo a integrare la loro esperienza adottiva nella propria storia e come parte della propria identità”. Questo processo è chiamato “attunment, ovvero un processo di sintonizzazione reciproca relativamente ai significati e alle emozioni legati alla storia passata. Ciò consente al figlio di costruire la sua identità, connettendo il presente al passato, per poter progettare con maggiore fiducia il futuro”.
Il Centro di Ateneo ha presentato a Icar 7 anche un secondo studio condotto insieme con l’Istituto universitario salesiano Rebaudengo di Torino riguarda il primo “bilancio” della propria storia e l’interesse per la ricerca delle origini.
La ricerca, ancora in corso, ha coinvolto 69 adulti in adozione nazionale e internazionale per indagare due aspetti. Il primo riguarda “l’ascolto della loro storia, il parere sugli aspetti positivi e su quelli che invece consiglierebbero di cambiare nel processo di adozione”. Il secondo è relativo “alla ricerca delle origini, un tema su cui dall’adolescenza in avanti il 70% degli intervistati si è posto e la metà di loro ha effettivamente avviato la ricerca”.
La scelta o meno di intraprendere un percorso di ricerca e il desiderio di avviare una ricerca delle origini sono risultati “correlati al livello di incertezza legato alla propria identità, al bisogno di ricomporre i ‘pezzi’ del proprio sé e dare un senso”.
Hanno preso parte allo studio 69 adulti adottati di età compresa tra 19,1 e 65,6 anni, 16 maschi e 53 femmine, 26 in adozione nazionale e 43 in adozione internazionale tra il 1956 e il 2008.
Una necessità emersa chiaramente è un maggiore sostegno da parte degli operatori nel tempo, sia rivolto ai genitori e alla famiglia negli anni del post-adozione, sia rivolto agli stessi adottati soprattutto quando si affacciano all’adolescenza e alla vita adulta.
Il 70% circa dei partecipanti alla ricerca riporta un desiderio forte di avere maggiori informazioni sulle proprie origini che, per la maggior parte di loro, emerge soprattutto tra i 20 e i 30 anni.