Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (Gnpl) segue “con attenzione” l’evolversi delle vicende giudiziarie riguardanti il carcere di Santa Maria Capua Vetere. “La diretta documentazione di comportamenti incompatibili con il fondamento democratico del nostro Paese e il rischio del diffondersi nel sentire comune di una concezione della pena detentiva in cui possano avere legittimità tali comportamenti rendono necessari interventi rapidi”. Innanzitutto, “l’assoluta intransigenza verso messaggi, anche indiretti, di sottovalutazione degli episodi, con il rischio di veicolare altrimenti una sensazione di impunità”. Al contrario, “la necessità di interventi che, al di là del piano penale, siano inequivocabili anche sul piano disciplinare”. Necessaria anche “la ridefinizione di una catena di trasmissione delle informazioni agli organi superiori tale da evitare in futuro che esponenti del Governo rispondano al Parlamento qualificando quale doverosa operazione di ripristino della legalità un’azione che la documentazione disponibile mostra chiaramente al di fuori di quanto il nostro ordinamento costituzionale possa accettare”.
Occorre poi ricostruire “un percorso condiviso dell’esecuzione penale e delle sue attuali criticità che valorizzi le professionalità esistenti e che rassicuri anche la comunità esterna, oggi frastornata e rischiosamente propensa a generalizzazioni ingiuste”.
Infine, occorre “un radicale intervento sui percorsi formativi, inziali e nel corso della carriera, che sappia estirpare quella cultura del branco che emerge troppo spesso e che si ritrova anche negli atti del provvedimento della Procura di Santa Maria Capua Vetere”. Su quest’ultimo tema il Garante nazionale ha da tempo condiviso “la necessità di intervenire sulla formazione in incontri con i vertici di tutte le Forze di Polizia”.
Il Garante nazionale ritiene che quanto avvenuto nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere, al di là degli esiti degli accertamenti dell’Autorità giudiziaria, così come evidenziato dalla documentazione agli atti, “rischi di generare più vittime: coloro che hanno visto calpestata la propria dignità e la propria integrità fisica e psichica; il Corpo di Polizia penitenziaria che certamente non merita di essere identificato nella sua totalità con tali comportamenti; il Paese stesso che vede anche aggredita la propria immagine democratica in ambito internazionale attraverso comportamenti di taluni che sono chiaramente dimentichi della funzione istituzionale loro affidata”.