“Il processo di beatificazione di don Primo Mazzolari induce a riflettere sul tema della santità; è come se desse evidenza a un tema su cui non si pensa mai tanto frequentemente tra cristiani e che, quando si pone, solleva interrogativi che portano al cuore della vita cristiana. Ha ancora senso parlare di santità nel nostro tempo? Quali sono i segni nei quali le persone di oggi riconoscono un “santo”? La cosiddetta ‘fama di santità’ in quali stili è riconosciuta oggi?”. Lo scrive Paola Bignardi, presidente della Fondazione Don Primo Mazzolari, nell’editoriale del nuovo numero della rivista storica “Impegno”, edita dalla fondazione che ha sede a Bozzolo, cittadina in provincia di Mantova, ma diocesi di Cremona, dove Mazzolari fu parroco dal 1932 alla morte, avvenuta nel 1959. Bignardi ripercorre alcuni temi sollevati da papa Francesco nella Gaudete et Exsultate, quindi afferma: “La santità è la condizione di vita di quei cristiani che vogliono fare sul serio. È una definizione generica e teologicamente inappropriata, ma riassume un atteggiamento, un’intenzione, che nel concreto può assumere infinite forme: non è la forma che conta, ma il cuore che intende vivere il Vangelo fino in fondo, senza sconti, ma anche senza stravaganze. Così Papa Francesco avvicina la santità ai cristiani di oggi; li conduce a superare l’immagine di un santo come di una persona che vive a mezz’aria, tra estasi e digiuni, eroismi ed eccezionalità, per accostarla alla vita usuale, nelle sue espressioni quotidiane e comuni”.
Bignardi argomenta: “la sfida della santità nel nostro tempo è quella della vita ordinaria; è interpretare la vita comune, quella di tutti, secondo uno stile evangelico, che nulla toglie alla vita, ma casomai la fa fiorire in tutta la sua bellezza. Per questo la santità è gioia”. “Cedere anche solo di poco sulla strada della fedeltà al Vangelo pone subito sul binario morto della mediocrità di una vita cristiana che perde il gusto e la gioia di fare sul serio. Dunque quella universale chiamata alla santità di cui ha parlato il Concilio oltre 60 anni fa significa: la santità è possibile a chi vive nelle condizioni della vita di tutti, in famiglia, in ufficio, a scuola, nella politica. Non è semplicemente ammettere che non esiste una condizione privilegiata per diventare santi, ma è riconoscere che la vita, quella semplice e ordinaria, è spazio di una santità possibile. La vita è il luogo della santità. Non l’uscita dalla vita, qualunque sia la strategia di questa fuga. La vita dei laici e delle laiche, dei preti, dei monaci e delle monache. Nessuno escluso. Nessuno garantito”.
Don Primo Mazzolari ha percorso strade di santità, “nella fedeltà al Vangelo, alla Chiesa, al suo tempo, alla sua gente; per questo c’è bisogno che la Chiesa, con la sua autorità e autorevolezza, riconosca la sua santità”: per dare coraggio ai cristiani di oggi “nel vivere fedeli al Vangelo in questo tempo difficile”.