La Corte di Giustizia dell’Ue respinge il ricorso dell’Ungheria: la risoluzione approvata dal Parlamento europeo che denunciava “un evidente rischio di violazione grave da parte dell’Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione” è valida, perché nel conteggio delle votazioni “non devono essere conteggiate le astensioni per stabilire se sia stata raggiunta la maggioranza dei due terzi dei voti espressi”. L’Ungheria infatti aveva contestato l’esito del voto e quindi la risoluzione, affermando che nel calcolo dei voti espressi, dovessero essere considerate anche le astensioni. “L’astensione, intesa come il rifiuto di prendere posizione in merito a una determinata proposta”, spiega la sentenza “non può essere equiparata a un voto espresso”. Tanto più che “i parlamentari che si sono astenuti in occasione del voto hanno agito con cognizione di causa, essendo stati previamente informati del fatto che le astensioni non sarebbero state prese in considerazione nel calcolo dei voti espressi”. Quindi, ricorda la Corte, la risoluzione “produce effetti giuridici vincolanti sin dalla sua adozione”. Nel testo del 2018, il Parlamento sollevava una lunga serie di preoccupazioni legate al il funzionamento del sistema costituzionale e del sistema elettorale in Ungheria, all’indipendenza della magistratura, corruzione, libertà di espressione, accademica, di religione e associazione, il diritto alla parità di trattamento, i diritti delle minoranze e dei migranti.