Tra i temi giunti sul tavolo della prima giornata del Consiglio europeo, tenutasi ieri a Bruxelles, figura la lettera sottoscritta da 17 capi di Stato e di governo che, seppur non nominando l’Ungheria, stigmatizza la legge voluta dal premier Orban la quale vieta ai minori l’accesso a film, libri, pubblicazioni che affrontino il tema della omosessualità e relativi alla comunità Lgbt. Il documento, inviato ai presidenti di Consiglio, Parlamento e Commissione Ue, è firmata dai leader di Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Spagna, Svezia. “Dobbiamo continuare a combattere contro le discriminazioni nei confronti della comunità Lgbt, riaffermando la difesa dei loro diritti fondamentali”, scrivono i leader nella lettera. Nella sede del Consiglio europeo si sono avuti momenti di tensione, durante i quali alcuni leader (fra cui Draghi per l’Italia e Rutte per i Paesi Bassi) hanno affermato che la libertà personale dev’essere rispettata in ogni Paese membro dell’Ue, così come sancito dai Trattati sottoscritti – è stato detto – dalla stessa Ungheria. Alcuni premier hanno richiamato la possibilità di aprire una vertenza giurisdizionale (procedura d’infrazione) di fronte alla Corte europea verso il governo di Budapest, minacciando persino lo stop ai fondi comunitari. Spetterà ora alla Commissione, “custode dei Trattati”, agire eventualmente in tal senso.
Particolarmente duro durante la discussione sulla legge ungherese anti-Lgbt il premier belga Alexander De Croo che ha affermato: “essere omosessuali non è una scelta. Lo è essere omofobi”. Il premier portoghese Antonio Costa ha invece affermato, rivolgendosi a Viktor Orban, che l’adesione ai principi dell’Unione “non è facoltativa” e che “l’Ue non è un impero in formazione come l’Urss”. Su Twitter ha replicato la ministra della giustizia ungherese, Judith Varga: “l’Ungheria non vuole lasciare l’Ue. Al contrario, vogliamo salvarla dagli ipocriti”.