Diaconato: Cantelmi (diacono permanente), “ripristinare le diaconie per essere figure di soglia” e “sentinelle”

È necessaria una “nuova intelligenza del diaconato” per restituire a questo ministero il suo vero orizzonte, “che è quello del servizio”. A sostenerlo in un’intervista al Sir è Tonino Cantelmi, diacono permanente della diocesi di Roma, poco dopo l’udienza di sabato con Papa Francesco.
Cantelmi, autore con Maria Esposito del volume “Il diaconato in Italia”, sottotitolo “Luci, ombre e prospettive: Dall’insignificanza a una nuova intelligenza del diaconato” (ed. San Paolo 2021), spiega che occorre partire dalla formazione, ancora impostata in modo troppo “clericale” e sbilanciato sul versante teorico-teologico, mentre sarebbe opportuna una preparazione più specifica sui temi della povertà, della carità e delle dinamiche sociali; in sostanza “più orientata alla missione alla quale il vescovo intende destinare questo ministro ordinato”.
Ma per restituire al ministero diaconale il suo vero volto occorre anzitutto, secondo Cantelmi, “ripristinare le diaconie – e vi ha accennato anche il Papa – intese come strutture sovra parrocchiali che fanno capo direttamente al vescovo e rispondono ai bisogni specifici del territorio. In questo modo i diaconi potrebbero operare anche come figure di ‘soglia’ e ‘ponte’ tra le persone e la Chiesa; ‘sentinelle’, ci ha definito Francesco”. Ulteriore passo l’abolizione del termine “diaconato transeunte” che è “fuorviante”. Meglio utilizzare la definizione “diaconato”, senza aggettivi, solo per indicare il ministero vero e proprio, e trovare una diversa espressione per ciò che in realtà è una tappa del cammino verso il sacerdozio.

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