Si continuano a vivere giorni di tensione in Colombia, anche se le proteste generalizzate si stanno al momento attenuando, pur con un nuovo stop sul fronte del dialogo tra i coordinatori dello sciopero nazionale e il Governo. A inquietare è anche l’attentato terroristico avvenuto martedì scorso a Cúcuta contro la trentesima Brigata dell’Esercito nazionale. Una violenta esplosione, attraverso un’autobomba, ha provocato il ferimento di 36 soldati, due dei quali statunitensi. L’attentato è stato attribuito dalle autorità alla guerriglia dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), che però ha smentito di essere la responsabile. In una nota diffusa ieri la Conferenza episcopale colombiana (Cec) esprime la sua forte condanna per quanto accaduto ed esprime la sua solidarietà alle persone che sono state colpite da questo atto violento.
“Seguendo l’insegnamento della Chiesa, noi vescovi proclamiamo che nulla giustifica questi atti folli e ciechi, che feriscono profondamente la dignità umana e costituiscono un’offesa gravissima contro l’intera umanità, poiché sono una delle forme di violenza più brutali”, scrivono i vescovi.
Nella nota si invita la comunità cattolica a mantenere nelle proprie intenzioni di preghiera la cessazione della violenza e si chiede che “il popolo colombiano unito possa vincere il male a forza di bene”.
Intanto il delegato della Cec nel processo di dialogo tra Comitato dello sciopero e Governo, mons. Héctor Henao, rivolge un nuovo appello alle parti, insistendo affinché le voci di tutti i cittadini e soprattutto dei giovani continuino a essere ascoltate: “Dobbiamo fare uno sforzo per rendere sempre più credibile la trattativa, per restare in contatto con le aspirazioni dei cittadini, dobbiamo raccogliere voci dai giovani in particolare, voci da chi sta subendo le conseguenze di una disoccupazione fortissima e di una mancanza di opportunità; bisogna raccogliere le voci dei territori”. Mons. Henao invita a mettere in atto quelle “trasformazioni che permettano di sanare molte carenze e ferite del passato” e, inoltre, di “creare le condizioni affinché la società colombiana possa avere uno sviluppo umano, integrale, solidale e inclusivo”. Perciò ha aggiunto il direttore della Caritas colombiana, “la Chiesa invita a creare un clima di riconciliazione”.
Clima non facilitato, in questi giorni, dalla scelta dell’ex presidente della Repubblica Álvaro Uribe, di non dare la sua testimonianza di fronte alla Commissione della Verità, presieduta dal gesuita Francisco De Roux. Uribe ha detto di provare “grande rispetto” per padre De Roux, ma di non poter deporre per un organismo rispetto al quale si era opposto. A parlare di fronte alla Commissione, parlando degli anni in cui era ministro della Difesa, proprio durante la presidenza di Uribe, è stato l’altro ex presidente della Repubblica Juan Manuel Santos, artefice dell’accordo di pace. Santos ha parlato dei cosiddetti “falsos positivos”, le persone falsamente accusate di far parte della guerriglia e per questo arrestate o uccise. Situazioni rispetto alle quali Santos ha chiesto “perdono”.