Piana di Gioia Tauro: Medu, “sanità al collasso, lavoro nero diffuso, settore agricolo in crisi”

“Il panorama resta desolante: tendopoli che si trasformano in baraccopoli, cumuli di rifiuti negli insediamenti informali come nei centri abitati, trasporti inesistenti, sanità al collasso, istituzioni impotenti e spesso commissariate, lavoro nero e grigio diffusi, settore agricolo in crisi”. Questo il quadro fornito nel report annuale da Medici per i diritti umani (Medu) dal titolo “Zone rosse, lavoro nero”, relativamente alle condizioni dei migranti nella piana di Gioia Tauro. Medu opera da otto anni sul territorio – evidenzia una nota – “con l’obiettivo di promuovere la tutela della salute e dei diritti fondamentali dei circa 2.000 braccianti stranieri impegnati in agricoltura in condizioni di grave sfruttamento”. Medu evidenzia che “l’accesso alle cure è ostacolato da impedimenti burocratici, mancanza di informazioni, isolamento dei luoghi di vita e di lavoro” e che “l’esercizio di diritti basilari, quali l’iscrizione anagrafica, il rinnovo dei documenti di soggiorno, l’accesso alla disoccupazione agricola o all’indennità di malattia, resta ancora oggi precluso a molti lavoratori”, a causa “delle irregolarità contrattuali, salariali e contributive che caratterizzano in modo sistematico i rapporti di lavoro”. La nota evidenzia che “la seconda ondata del Covid-19 ha colpito il campo container di Rosarno e la Nuova Tendopoli di San Ferdinando, portando all’istituzione di due zone rosse, ma le iniziative di sorveglianza epidemiologica per il contenimento del virus messe in atto delle autorità sanitarie locali si sono dimostrate incoerenti e scarsamente efficaci”. Oltre all’emergenza sanitaria, infatti “diversi incidenti stradali hanno coinvolto i braccianti mentre raggiungevano o tornavano in bicicletta dai luoghi di lavoro, uno dei quali costato la vita a un giovane uomo, Gassama Gora, investito da un’automobile il 21 dicembre 2020 e lasciato a terra senza soccorso”. A Medu, per l’assistenza medica e per supporto socio-legale, si sono rivolte 324 persone. In relazione alle condizioni lavorative, “solo il 56% dei lavoratori assistiti era in possesso di un contratto e di questi solo il 52% percepiva una busta paga. In tutti i casi, le giornate lavorative registrate in un mese, non erano superiori a 10, nonostante la maggioranza dei braccianti lavorasse tra i 5 e i 7 giorni a settimana in alta stagione, in media 8 ore al giorno, con un compenso medio di 35 euro al giorno, oppure, in caso di lavoro ‘a cottimo’, di 1,20-1,50 euro per ogni cassetta da 25 chili”. Per questo “Medu si rivolge al governo, alla regione Calabria e alle altre istituzioni tornando a chiedere misure di sistema, nell’immediato e sul lungo periodo”.

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