La sussistenza alimentare della metà della popolazione libanese è a rischio, mentre continua l’emorragia di giovani che abbandonano il Paese dei Cedri per cercare altrove una vita meno incerta, intanto il sistema politico-istituzionale appare paralizzato davanti alle urgenze sociali e economiche che stanno strangolando la nazione. È lo scenario delineato dal card. Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei maroniti, nell’intervento con cui ieri ha aperto i lavori del Sinodo annuale della Chiesa maronita. L’Assemblea ecclesiale, ospitata presso la sede patriarcale maronita di Bkerké, si protrarrà fino a sabato 19 giugno. Nel suo intervento, rilanciato da Fides, il patriarca maronita Raï ha espresso valutazioni critiche indirizzate alla classe politica, facendo riferimento alla “negligenza” dei soggetti politici che bloccano il potere esecutivo e le funzioni vitali dell’apparato statale. Il patriarca ha ricordato, tra l’altro, che la lira libanese ha perso il 90% del suo valore, i generi alimentari e le attrezzature mediche “sono monopolizzati dagli importatori” e che perfino il latte per i bambini più piccoli “è sparito dalle farmacie”, mentre ormai lo stipendio dei dipendenti pubblici “non supera più, in valore, i 30 dollari”. Al Sinodo prendono parte una quarantina di vescovi provenienti dal Libano, dai Paesi del Medio Oriente e dalle comunità della diaspora. Nell’ordine del giorno dei lavori sinodali figurano questioni di carattere ecclesiale riguardanti la liturgia, il funzionamento dei seminari e la formazione dei sacerdoti. In agenda anche l’incontro convocato a Roma il prossimo 1° luglio da Papa Francesco per riflettere – insieme con i principali responsabili delle comunità cristiane libanesi – intorno alla preoccupante situazione del Paese.