La Commissione europea presenta oggi una comunicazione “sugli insegnamenti tratti nei primi 18 mesi della pandemia di Covid-19, come base per migliorare l’azione a livello nazionale e dell’Ue”. Ciò contribuirà a migliorare – nelle intensioni dell’esecutivo – la previsione dei rischi per la salute pubblica, consentendo “risposte comuni più veloci ed efficaci a tutti i livelli”. L’elenco, che evidenzia i fattori “per cui sono necessari miglioramenti e quelli per cui potremo fare di meglio in futuro, non intende essere esaustivo, ma fornire un primo quadro d’insieme degli interventi immediatamente necessari”.
Primo: per individuare più rapidamente i rischi sanitari e ottimizzare le risposte servono, vi si legge, una solida sorveglianza sanitaria a livello mondiale e il miglioramento del sistema europeo di raccolta delle informazioni sulle pandemie. Secondo: pareri scientifici più chiari e coordinati agevolerebbero le decisioni politiche e la comunicazione al pubblico. A tal scopo, entro la fine del 2021 l’Ue dovrebbe nominare un epidemiologo capo europeo e una corrispondente struttura di governance. Terzo: il presupposto di una migliore preparazione sono investimenti, controlli e revisioni costanti. La Commissione europea dovrebbe pubblicare una relazione annuale sullo stato di preparazione. Quarto: “bisogna fare in modo che gli strumenti di emergenza siano utilizzabili più rapidamente e senza intoppi. L’Ue dovrebbe istituire un quadro per l’attivazione dello stato di emergenza pandemico e approntare un insieme di strumenti per le situazioni di crisi”. Quinto: si dovrebbe adottare “al più presto, entro la fine dell’anno, l’Unione sanitaria europea”. Sesto: entro l’inizio del 2022 dovrebbe essere operativa un’Autorità dell’Ue per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie.
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha dichiarato: “La risposta globale dell’Ue alla pandemia non ha precedenti ed è stata fornita in tempi da primato, fornendo una dimostrazione dell’importanza di lavorare congiuntamente in Europa. Insieme, abbiamo raggiunto quello che nessuno Stato membro dell’Ue avrebbe potuto fare da solo. Ma abbiamo anche capito cosa ha funzionato bene e dove potremmo invece fare meglio in future pandemie. Dobbiamo ora trasformare questi insegnamenti in cambiamenti”.