Eritrea: Zerai (Habeshia), appello al governo italiano “chiuse altre scuole cattoliche, segnare discontinuità nei rapporti con Asmara”

Un appello al presidente del Consiglio Mario Draghi e e al ministro degli esteri Luigi Di Maio “di segnare una immediata, decisa discontinuità nei rapporti stabiliti dall’Italia nei confronti di Asmara”. È la richiesta di don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, che racconta le frequenti violazioni ai diritti umani ancora compiute in Eritrea, le chiusure di scuole e ospedali cattoliche, la situazione di povertà, controllo e disagio che spingono migliaia di eritrei a tentare il viaggio della speranza verso l’Europa. Un episodio recente è la chiusura “di nove scuole, più sette scuole già prese nel 2019 gestite da organizzazioni religiose, in maggioranza cattoliche ma anche cristiane protestanti e islamiche. Scuole completamente gratuite, frequentate dai ragazzi delle famiglie più povere ed emarginate e che operavano in diverse città, scelte con il criterio di intervenire lì dove la necessità è maggiore”. Il governo eritreo, sostiene il sacerdote, “ha giustificato il provvedimento con la legge del 1995 che assegna alla esclusiva competenza dello Stato ogni forma di attività sociale e di assistenza. Ma che questa legge sia soltanto un pretesto emerge dal fatto che in realtà quegli istituti hanno operato per anni, senza che lo Stato si sia mai intromesso. C’è da credere, allora, che si tratti di una ritorsione contro la Chiesa cattolica eritrea la quale, attraverso i suoi vescovi, ha sollecitato una concreta politica di riforme, l’attuazione della Costituzione approvata nel 1997 ma mai entrata in vigore, la convocazione di libere elezioni”. Don Zerai chiede “un cambiamento netto, anzi, l’abbandono, in buona sostanza, di quella politica di progressivo riavvicinamento e ‘recupero’ o addirittura di rivalutazione della dittatura di Isaias Afewerki, che è iniziata sul finire del 2013 ma che ha progressivamente segnato una accelerazione negli ultimi anni, fino a raggiungere il culmine nei ultimi mesi del precedente governo”. “Si tratta di scegliere – afferma – tra l’attuale sistema di potere e la stragrande maggioranza della popolo eritreo che ne è schiavizzato. E i popoli non dimenticano mai chi si schiera al loro fianco. Di più: con questa scelta l’Italia può lanciare un segnale importante all’Unione europea, inaugurando e guidando un modo diverso di porsi da parte del Nord nei confronti del Sud del mondo”.

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