Non è solo una questione di Pil. Per il direttore dello Svimez, Luca Bianchi, intervenuto oggi nel corso del webinar sul Sud Italia, promosso dall’Ufficio Cei per la Pastorale sociale e del lavoro in preparazione alla 49ª Settimana sociale, “è l’impoverimento dei servizi ad avere bloccato la crescita umana e favorito le migrazioni giovanili”. Per Bianchi “le dinamiche economiche degli ultimi decenni ci hanno insegnato che non si può produrre crescita economica, lasciando fuori persone e territori. Quanto più crescono le disuguaglianze tanto più debole sarà la crescita del Paese. È un approccio completamente diverso rispetto agli ultimi 20 anni, dove invece si concentravano gli investimenti sui territori più forti, pensando che per un processo di trasmissione della crescita, anche i più deboli sarebbero cresciuti un po’ di più, secondo il fenomeno che in economia viene chiamato ‘sgocciolamento’. Invece questo processo è stato fallimentare e il nostro Paese lo dimostra. Pensiamo agli investimenti fatti dall’Italia negli anni ’90 e a quelli fatti dalla Germania, dopo la caduta del muro: mentre noi eravamo incastrati in un percorso di contrapposizione territoriale continua tra Nord e Sud, tra regioni forti e deboli, fra aree urbane e rurali, che ha portato ad una complessiva rimozione della stessa questione meridionale, per colmare il divario tra Est ed Ovest, la Germania spendeva in dieci anni quello che l’Italia per il Mezzogiorno ha speso in 60 anni. E adesso non è tempo di manutenzione dell’esistente, bisogna cambiare il modello di crescita, trasformarlo”. Nel corso del webinar, coordinato dal presidente nazionale di Azione Cattolica, Giuseppe Notarstefano, membro del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, Bianchi ha poi parlato di quali devono essere “i pilastri del cambiamento: servizi e diritti di cittadinanza e su questo il Pnrr avrebbe dovuto costituire un grande fondo perequativo per garantire nel tempo un progressivo avvicinamento dei servizi infrastrutturali tra Nord e Sud d’Italia, visto che è per questo che la fetta più grande di questi fondi europei sta andando all’Italia, per livellare le disuguaglianze tra Settentrione e Meridione. Le politiche pubbliche non possono non darsi obbiettivi quantificabili in termini concreti, penso alle infrastrutture, all’istruzione e al trasferimento tecnologico e poi alla sostenibilità ambientale e agli investimenti green, che devono avere una collocazione prevalente nel Sud, vincolandoli a energie rinnovabili presenti in loco”.