Sud Sudan: operatori umanitari uccisi. Scanagatta (Cuamm), “conflittualità tra clan, siamo sotto choc”

“La dinamica è chiara ma il movente no. Si pensa ad una conflittualità tra clan legata al controllo dei terreni dove far pascolare il bestiame. Oramai essere operatori umanitari non è più un deterrente”. A parlare al Sir è Chiara Scanagatta, responsabile dei progetti di Medici con l’Africa-Cuamm in Sud Sudan, da poco rientrata da una visita nella regione del Lake State, dove il 7 giugno, in una zona  periferica della città di Yirol, due dipendenti sud sudanesi – Moses Maker, 35 anni, nutrizionista, e l’autista Abraham Gulung, 31 anni – sono stati uccisi in un agguato, mentre viaggiavano nella prima vettura di un convoglio umanitario, con tanto di scorta di sicurezza. Gli agenti  hanno messo in fuga i malviventi ma per Moses e Abraham non c’è stato nulla da fare. Entrambi avevano famiglia in altre zone del Paese. I funerali sono stati già celebrati secondo le cerimonie tradizionali, una sorta di commistione tra religione ufficiale e riti locali.  “Le indagini sono in corso e per ora non c’è stato nessun arresto – prosegue -. Non sembra un tentativo di rapina, non è stato rubato niente. Le questioni personali o faide familiari non sono da escludere ma solitamente quando sono in pericolo ci avvisano. Ora si dialogherà con le autorità per capire come garantire migliori condizioni di sicurezza. Ma noi ovviamente restiamo accanto alla popolazione”. Scanagatta conosce benissimo quelle zone perché è stata country manager per quattro anni, fino al 2016, e da allora vi si reca in missione per lunghi periodi. Un mese fa era con Moses e Abraham. Moses lavorava come nutrizionista a Yirol da due anni: “Era la persona giusta per quell’impiego– racconta -. Era una scheggia, sempre attivo e in movimento, voleva capire e voleva fare, si spostava in continuazione da un posto all’altro per fornire i supplementi nutrizionali alla popolazione malnutrita. Era molto coinvolto, gli piaceva quello che faceva”. Anche Abraham, il giovane autista, amava il suo lavoro, “si interessava a quello che facciamo, era piacevole stare con lui. Ci tengo a sottolineare il ruolo degli autisti: sono i nostri angeli custodi”. Anche se entrambi erano molto schivi e al Cuamm non sanno molto delle rispettive famiglie, “faremo il possibile per esprimere la nostra vicinanza”. Nel Sud Sudan si registra un forte aumento di omicidi e violenze, con oltre 200 vittime da metà maggio. Solo quest’ anno nel Paese sono stati uccisi 4 operatori umanitari, almeno 128 dal 2013 ad oggi.

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