“Il nuovo decreto non è un semplice atto amministrativo generale volto a promuovere l’osservanza di una legge già esistente. Il contenuto del Decreto è una nuova legge”. A rimarcarlo è il decano della Facoltà di Diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana, Ulrich Rhode, in un articolo pubblicato su L’Osservatore Romano a commento del nuovo decreto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita su “Le associazioni di fedeli”. “Le associazioni godevano di un alto livello di libertà – forse troppo alto –, per quanto riguarda il modo di conferire gli incarichi e la durata massima dei mandati”, fa notare il decano, secondo il quale “finora si poteva osservare una notevole differenza fra le associazioni di fedeli e gli istituti di vita consacrata”. Il decreto pone, pertanto, “determinati limiti alla libertà delle associazioni di scegliere i propri organi d governo”, una libertà che rientra nel diritto di associarsi riconosciuto dal Codice di diritto canonico del 1983, ma che non è “senza limiti”. Il Dicastero, in particolare, “intende contrastare i rischi di un’esagerata libertà delle associazioni senza prevedere nei singoli casi interventi dell’autorità ecclesiastica amministrativa nella procedura di conferimento degli incarichi”. In effetti, “regolare i diritti dei fedeli in vista del bene comune in modo generale, tramite nuove norme uguali per tutte le associazioni coinvolte, senza interventi nei singoli casi, evita il rischio di un uso arbitrario – o anzi abusivo – della potestà di vigilanza dell’autorità ecclesiastica”, osserva il decano, che precisa: “Le associazioni diocesane e nazionali non sono obbligate a osservare le norme del Decreto promulgato oggi”, anche se “le Conferenze episcopali e i singoli vescovi potranno considerare l’opportunità di emanare norme simili per le associazioni nel loro rispettivo ambito di competenza”.