“Il giudice deve punire più gravemente di quanto la legge o il precetto stabiliscono chi è costituito in dignità o chi ha abusato dell’autorità o dell’ufficio per commettere il delitto”. Lo prevede il canone 1326 del nuovo libro sesto del Codice di diritto canonico. La stessa disposizione vale per chi “dopo la condanna o la dichiarazione della pena persiste ancora nel delinquere, a tal punto da lasciar prudentemente presumere dalle circostanze la sua pertinacia nella cattiva volontà”; per “chi, essendo stabilita una pena per il delitto colposo, previde l’evento e ciononostante omise le precauzioni per evitarlo, come qualsiasi persona diligente avrebbe fatto”; e, infine, per “chi abbia commesso il delitto in stato di ubriachezza o in altra perturbazione della mente, ricercate ad arte per mettere in atto il delitto o scusarsene, o a causa di passione volontariamente eccitata o favorita”.