“I vescovi italiani danno avvio, con questa Assemblea, al cammino sinodale secondo quanto indicato da Papa Francesco e proposto in una prima bozza della Carta d’intenti presentata al Santo Padre. Al tempo stesso, affidano al Consiglio Permanente il compito di costituire un gruppo di lavoro per armonizzarne temi, tempi di sviluppo e forme, tenendo conto della Nota della Segreteria del Sinodo dei Vescovi del 21 maggio 2021, della bozza della Carta d’intenti e delle riflessioni di questa Assemblea”. Con questa mozione, votata dalla 74ª Assemblea Generale della Conferenza episcopale italiana, ha preso il via il cammino sinodale. A differenza del passato, quando gli Orientamenti Cei (per il decennio) erano approvati dall’Assemblea Generale e proposti alle diocesi che li recepivano attraverso iniziative e azioni pastorali, il “Cammino sinodale”, disegnato dalla Carta d’intenti, diventa un “metodo di ricerca e di sperimentazione che costruisce l’agire pastorale a partire dal basso e in ascolto dei territori”. La sfida infatti è quella di “sviluppare insieme la riflessione e la pratica pastorale”: “ascolto”, “ricerca” e “proposta” rappresentano dunque i tre momenti di lettura della situazione attuale e di immaginazione del futuro della Chiesa nella società. Anche gli strumenti di lavoro (che potrebbero essere, ad esempio, l’Agenda di “temi di ricerca”, le schede per l’ascolto e la verifica, la piattaforma digitale per il confronto e la comunicazione) saranno funzionali a questa impostazione e avranno il compito di indicare prospettive comuni su cui orientare l’ascolto dal basso.
Il cammino sinodale della Chiesa in Italia dovrà “armonizzarsi con quello delineato dalla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per la XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi del 2023”, come ha precisato nella sua relazione mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara. Nella Carta d’intenti pubblicata oggi si legge che “il cammino non può essere precostituito per due ragioni: la prima, perché la pandemia insegna che basta poco per far saltare certezze consolidate o accelerare fenomeni in atto su cui poco si è riflettuto in passato; la seconda, perché la dinamica del processo sinodale richiede che il cammino si costruisca e cresca facendo tesoro dell’ascolto, della ricerca e delle proposte che emergono lungo il percorso”. “In tal modo si attiva il ritmo della comunione e lo stile della sinodalità che ne è lo strumento”.