Supplica a Madonna di Pompei: card. Semeraro (Congregazione cause santi), “è la carità la via nuova da cui ripartire”

È la carità “una strada aperta anche per noi, oggi, mentre ci domandiamo: come e da dove riprendere, dopo questa dolorosissima fase della pandemia? Io penso che dovremo ricominciare dalla stessa carità da cui partì il beato Bartolo Longo”. Lo ha affermato, stamattina, il card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, nell’omelia della messa che precede la supplica alla Madonna del Rosario di Pompei. “È la carità la via nuova da cui ripartire, perché la medesima carità verso il prossimo ha, nella nostra vita di cristiani, una duplice dimensione: quella che traduce la fede e che diventa soccorso, aiuto, opera di misericordia; c’è, poi, la carità che, testimoniata da noi di fronte al mondo, è in grado di introdurre alla fede”, ha spiegato il porporato, citando “uno dei più bei documenti pastorali dell’episcopato italiano”, “Evangelizzazione e testimonianza della carità”: “Le multiformi testimonianze di solidarietà, servizio e condivisione con i più deboli espresse dalle comunità cristiane, proprio nella loro gratuità e apertura disinteressata, si mostrano oggi come vie privilegiate per un’evangelizzazione che interpelli anche chi è lontano e possa liberamente aggregare coloro che, senza esserne pienamente consapevoli, con le loro scelte di vita sono orientati a dire sì al Dio di Gesù Cristo”.
Il cardinale ha ricordato l’esempio del beato Bartolo Longo: “Quand’egli cercava ormai la sua strada tra le vie del Signore, gli fu aperta la strada della carità attraverso l’incontro con il p. Ludovico da Casoria. Si indirizzò, dunque, alla via che conduceva allo storico Ospedale degli Incurabili”, che fu proprio la “palestra di carità” del beato Bartolo Longo. Infatti, “entratovi per fare del bene al prossimo, proprio lì trovò per sé stesso altri maestri di carità e da lì avviò l’opera della Nuova Pompei. La prima guida spirituale la trovò nella persona di un povero, dolorosamente segnato da una malattia deformante: il servo di Dio Francesco Majone. Accanto al suo letto la situazione si capovolgeva e lo stesso Bartolo Longo diceva che gli bastava contemplare la sua serenità, amabile e semplice, per avere un grande insegnamento. Un altro maestro di carità lo trovò nel servo di Dio Luigi Avellino, anch’egli ricoverato agli incurabili perché divenuto paralitico e col quale recitava la Novena alla Madonna di Pompei”. È “nei misteri di Dio – ha concluso il card. Semeraro – che i santi s’incontrino per aprire sempre inedite vie di carità. Tra i santi che Bartolo Longo incontrò, c’è anche con don Giustino Russolillo, di cui il Papa appena lunedì scorso ha annunciato la canonizzazione. Queste vie di carità il nostro Beato le percorse fino a divenire egli stesso santo di carità”.

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