“Quando l’uomo fa silenzio intorno a sé e prega, riesce a sentire la voce di Dio, che gli è accanto e gli indica la strada. La Nuova Pompei è testimonianza perenne di quali opere mirabili possano scaturire dagli uomini che, radicandosi nel Padre, sperano contro ogni speranza”. Lo scrive mons. Tommaso Caputo, arcivescovo di Pompei, nella lettera scritta in occasione dei 120 anni dall’inaugurazione della monumentale facciata della basilica, “Entrare dalla Porta che è Cristo per portare la pace sulle strade del mondo”, e diffusa ieri sera, in occasione dell’inaugurazione della nuova porta di bronzo del santuario. “Le date, gli anniversari non sono eventi da celebrare come una ricorrenza fine a se stessa – osserva il presule -. Viviamo oggi il tempo drammatico della pandemia con la crisi sanitaria che ci fa soffrire e quella economica che riduce alla povertà tante, troppe famiglie. Non lo neghiamo: abbiamo paura dell’oggi e del futuro. Per certi versi somigliamo a Bartolo Longo che si ritrovò in una dantesca Valle oscura. Poteva scappare, cercare le comodità altrove, lasciare i pochi contadini che vi abitavano alla loro miseria. La mentalità egoistica avrebbe indicato questa come soluzione di comodo, ma per vivere in pienezza non sono queste le strade di Dio, pure talora disagevoli, piene di ostacoli, faticose”. In realtà, “è la terra promessa il senso del nostro andare. Se Gesù non fosse risorto, potremmo anche fermarci, cercare soltanto gioie terrene, per quanto fragili e poco durature. Ma Gesù è risorto! Impariamo da Bartolo Longo, il quale – sostenuto nella sua opera innanzitutto dalla consorte, la contessa Marianna Farnararo De Fusco – edificò un santuario e la meravigliosa facciata, che continuiamo ad ammirare”. Ricordando che il santuario è stato costruito con il contributo di tanti, mons. Caputo evidenzia: “Non si uscirà dalla crisi causata dalla pandemia se non tutti insieme. È un insegnamento anche per la comunità civile di Pompei, città che è stata ferita dal virus e ha pianto le sue vittime, così come soffre per gli ammalati e continua a patire il dramma della crisi economica. È, in verità, un insegnamento per ogni popolo e nazione”. La stessa facciata del santuario è fatta di “duecento enormi blocchi di travertino e di marmo, otto grandi colonne monolitiche di granito di Gravellona e due preziosissime di granito rosso di Finlandia”. “Rimuoviamo solo uno di questi elementi e non avrebbe la bellezza che possiede – afferma l’arcivescovo -. Così è l’umanità. Togliamole il volto di un uomo soltanto e perderebbe la sua bellezza. Se davvero cerchiamo il Volto di Dio non possiamo non guardare il volto dei nostri fratelli, che ne formano il mosaico. Tutti. Non uno di meno”. Nella lettera il presule, infine, ricorda tutte le opere di carità del santuario, oggi “termometro” della crisi economica e, al tempo stesso, “monumento vivo innalzato alla misericordia”.