“La Festa della Repubblica porta in sé due atteggiamenti: credere e avere coraggio. Credere nella Repubblica, credere che la ‘cosa pubblica’ sia prioritaria su tutto, che l’identità pubblica, l’unione di valori, cultura, tradizioni, sangue sia prioritaria. Credere che la fraternità italiana sia priorità da custodire, credere che il bene comune sia priorità da portare avanti e difendere su ogni personalismo. Avere coraggio come i nostri padri, che nonostante la distruzione provocata dalla guerra, hanno lottato perché il sogno italiano, il sogno della Repubblica, potesse ancora sussistere, certi che ogni ricostruzione richiede sempre un supplemento di coraggio e radicalità”. Lo scrive mons. Franco Moscone, arcivescovo di Manfredonia-Vieste-S.Giovanni Rotondo, in un messaggio all’arcidiocesi e ai comuni prossimi alle elezioni in occasione della festa del 2 giugno. “Lo smarrimento post crisi economica, post pandemia, le crisi politiche nazionali e locali, le ferite inferte alla legalità, le lentezze nel ripartire dopo l’esperienza dei commissariamenti – l’invito del presule – non devono farci smettere di credere che esiste ancora il sogno di una buona cosa pubblica e che questo sogno è realizzabile con il contributo e l’impegno di tutti”.
Rivolgendosi ad amministratori e dirigenti, l’arcivescovo auspica: “Ciascuno senta suo l’impegno e la responsabilità, senta ogni giorno in cui riveste questo ruolo istituzionale come un’occasione unica ed irripetibile per far vivere e sviluppare la buona cosa pubblica”, “evitando che patisca rallentamenti ed ingiustizie burocratiche, specialmente se queste sono causate non solo da superficialità o mancanza di strumenti, ma da difesa di interessi di parte”.
Un pensiero anche per cittadini singoli e corpi associativi: “Il contributo di ogni cittadino diventa fondamentale. Dalla cabina elettorale alle decisioni prese sulla gestione della famiglia, dai comportamenti personali al prendersi cura da soli o in gruppi di pezzi, spazi, persone della città; dalla capacità di riflessione e azione personale oltre la sterile critica al far comunità, discutere insieme, cercare sempre soluzioni; dalla capacità di sdegnarsi e denunciare ogni forma di illegalità e/o cultura mafiosa al saperne prendere le distanze”.
I cristiani, infine, devono “saper essere antenna ed agorà nella società. Diventare capaci di essere attenti ascoltatori di disagi, bisogni, povertà e fragilità. Offrire spazi, luoghi, in cui ascoltare, discutere, rimettere al centro temi di interesse comune. Offrire lo stile della condivisione e della fraternità che dovrebbe contraddistinguerci. Non aver paura del conflitto accogliendo l’invito di Papa Francesco a saper dialogare con tutti, cercare di condivide con tutti il sogno del bene comune anche se con vedute non sempre convergenti. Parrocchie aperte a dialogare con i territori, che si interrogano, siedono a tavoli di discussioni con altri soggetti”.