Un’inchiesta sul variegato mondo dell’informazione, dalla carta stampata ai social, tra precariato, incertezza sul futuro, attacchi alla libertà di stampa e il sempre più pressante ruolo dominante degli editori. “Non mi fido dei giornali” è il titolo dell’inchiesta di copertina del nuovo numero de “Lavialibera”, il bimestrale di Libera e Gruppo Abele. “Nel 2020 il pubblico dei siti di informazione è cresciuto ma meno del 40% delle persone in 40 Paesi si fida della maggior parte dell’informazione che incrocia. I tagli alle redazioni hanno aumentato il carico di lavoro per i giornalisti. Il Covid ha peggiorato la situazione e l’agenda setting è stata imposta dal governo e gli introiti pubblicitari sono calati del 30-50%”: sono alcuni degli elementi emersi dall’inchiesta. “Se la stragrande maggioranza degli italiani non si fida di ciò che legge, la colpa non è dei lettori. La principale minaccia all’informazione – scrive la direttrice, Elena Ciccarello, nell’editoriale del nuovo numero de Lavialibera – è il giornalismo stesso. Un mondo che con l’arrivo della crisi economica, il crollo delle vendite e degli introiti pubblicitari, ha concentrato la sua attenzione quasi esclusivamente sui nemici esterni, che pure esistono, anziché preoccuparsi di una seria autocritica e correre ai ripari. Ma cosa ha fatto il mondo dell’informazione nostrana di fronte alla retorica dilagante sui giornalisti-casta e il precipitare della reputazione del nostro mestiere? Dagli organismi di categoria al nutrito mondo dei precari, poco è stato fatto perché non venisse gettata alle ortiche un’intera professione. Ognuno per sé, nell’illusione che le accuse riguardassero sempre e solo gli altri, quelli che lavorano male, quelli che vanno a braccetto con il potere. Il risultato è stata una crisi che ha travolto tutti, con critiche che hanno trovato terreno fertile nel grande pubblico”.
Il mondo dell’informazione, si legge nell’inchiesta di copertina de Lavialibera, si regge sui precari, ma in pochi fanno ricorso alle tutele previste per paura di ritorsioni: in dieci anni dall’approvazione della Carta di Firenze sui diritti dei precari, restano pochissimi i casi di giornalisti che l’hanno usata per tutelarsi.