“Le discussioni sulle politiche migratorie non possono diventare un impedimento al soccorso in mare, obbligo giuridico oltre che morale”. Lo hanno ribadito i rappresentanti di Emergency, Medici senza frontiere, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, ResQ-People saving People, Sea-Watch e Sos Mediterranée, al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’incontro avuto oggi pomeriggio.
In una nota congiunta, le organizzazioni impegnate in azioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale “prendono atto dell’apertura al dialogo offerta dalla ministra, ribadendo allo stesso tempo come il soccorso in mare non possa essere mai negoziabile”.
Secondo le Ong, se è vero che i cosiddetti “Stati di primo approdo” come l’Italia, devono poter contare sulla solidarietà degli altri membri dell’Ue, “l’emergenza in mare non si ferma e anzi diventa ogni giorno più letale”. Per questo “chiedono all’Italia e all’Europa di istituire un efficace sistema di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di salvaguardare la vita umana nel Mediterraneo”. Le organizzazioni hanno anche auspicato un superamento del clima ostile al soccorso civile: “Abbiamo chiesto alla ministra di riconoscere il ruolo delle organizzazioni umanitarie, colpite dalla criminalizzazione, liberando le nostre navi ancora sotto fermo”, hanno affermato i rappresentanti delle organizzazioni.
Al centro del colloquio con Lamorgese anche gli accordi con la Libia. “Bloccare le partenze, a scapito della tutela dei diritti umani e delle continue morti in mare non potrà mai essere la soluzione”, hanno ammonito le Ong: “Questa forma di supporto e finanziamento va interrotta il prima possibile. Vanno trovate soluzioni di medio-lungo periodo per costruire canali sicuri di accesso regolare verso l’Europa”. “Ma, nel frattempo, non si può continuare a lasciare che le persone muoiano in mare o vengano riportate in un Paese dove sono costrette a subire abusi di ogni genere”, l’appello delle organizzazioni.