“Come cristiani siamo chiamati a dare un contributo in comunione e fraternità, altrimenti rischiamo di scadere in un tecnicismo sterile oppure in un ideologismo divisivo”. Lo ha detto, stamattina, mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, nel suo saluto, all’inizio del 17° Seminario di studio sulla custodia del Creato sul tema “Per una vita buona, su una terra da risanare: ambiente e salute in tempo di pandemia”, organizzato dal Tavolo di studio “Custodia del creato” nato il 1° gennaio 2021 e promosso dalla Segreteria generale della Cei tramite l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro e l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per la pastorale della salute. “La pandemia, che continua a condizionare la nostra vita sociale, ha messo in luce che siamo tutti sulla stessa barca, siamo interdipendenti, ognuno è responsabile dell’altro e del Creato, tutto è connesso, è difficile pensare che questo disastro mondiale non sia in rapporto con il nostro modo di porci rispetto alla realtà, pretendendo di essere padroni assoluti della propria vita e di tutto ciò che esiste, ci ha ricordato Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti – ha evidenziato il presule -. Il grido che sale dai fratelli e da questa terra malata, non può lasciarci indifferenti perché è in gioco il nostro presente e il futuro che lasceremo alle giovani generazioni, le prime a pagare l’ingiusto prezzo del debito ambientale”. Mons. Russo ha avvertito: “Se è vero che le istituzioni e tutti coloro che hanno responsabilità politica debbono impegnarsi per raggiungere gli obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2030, è altrettanto vero che la custodia non è delegabile, non si tratta di una priorità appannaggio di qualcuno, ma è un’urgenza che riguarda tutti, nessuno escluso. Ognuno può contribuire a sanare le ferite del pianeta e a invertire la rotta, a fare la differenza”. In questa sfida, per il segretario generale della Cei, “le Chiese cristiane e le religioni possono offrire un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società, come ha scritto Papa Francesco nella Fratelli tutti. Per noi questa attenzione non è un fatto occasionale, né può essere legato a una difficoltà che riguarda tutti a motivo della pandemia, ma fa parte del nostro essere come cristiani, dovrebbe essere qualcosa che nasce da una spinta interiore legata all’appartenenza alla famiglia dei figli di Dio e al bisogno di esserne espressione attraverso gesti concreti a vantaggio del bene comune”.