Dopo aver impedito l’ingresso nel Paese degli osservatori della Commissione interamericana per i diritti umani, ieri il Governo colombiano ha espulso dal Paese un gruppo di osservatori argentini guidati da Juan Grabois, membro del Dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale, tra gli organizzatori di alcuni degli incontri tra il Papa e i movimenti popolari. Anche questo gruppo aveva l’intenzione di accertare violazioni ai diritti umani nell’ambito delle repressioni di queste settimane di protesta e sciopero.
A questo proposito, il premio Nobel per la Pace Adolfo Pérez Esquivel accusa il Governo del presidente Duque di portare avanti una “politica antidemocratica”, a causa di questa scelta che viola il Protocollo di Istanbul.
Nel frattempo l’arcidiocesi di Cali, guidata dall’arcivescovo Darío de Jesús Monsalve, in prima linea in queste settimane nell’impegno per il dialogo e la pace in quello che inizialmente è stato l’epicentro della protesta, fa il punto della situazione. Nel suo messaggio, mons. Monsalve avverte che “questa giurisdizione ecclesiastica non ha indetto manifestazioni o cortei, ma rispetta chi le organizza”. L’invito è che le manifestazioni si svolgano in modo pacifico, senza l’uso di armi e dando priorità sempre alla protezione della vita. “Esortiamo – si legge nel testo – coloro che partecipano a farlo concentrandosi sulla protezione della vita come diritto di tutti i colombiani, uomini e donne”. Questo è anche “un dovere dello Stato colombiano”, chiamato a usare le armi solamente in modo “dissuasivo e proporzionale, specialmente in contesti urbani e protesta sociale, senza l’uso di armi letali”. La nota ripudia, infine, “ogni provocazione alla violenza da entrambe le parti”.