Un massacro di 16 persone (secondo il Governo, inizialmente si era parlato di 18), tra cui a quanto sembra 6 donne e 2 minori, piomba sulla già tesissima ed esasperata campagna per il ballottaggio delle elezioni presidenziali del Perù, previsto per il 6 giugno. Il fatto, reso noto ieri, è accaduto domenica in un bar a San Miguel del Ene, capoluogo di Vizcatán del Ene, ai confini tra le regioni di Junín e Ayacucho, nella zona nota come Valle de los ríos Apurímac, Ene y Mantaro (Vraem), chiamata anche “valle della droga”. Si tratta di località isolate, in cui hanno ampio spazio coltivazioni di coca e formazioni illegali, legate al narcotraffico e al terrorismo. Spiccano settori in qualche modo eredi del gruppo terrorista marxista Sendero Luminoso, oggi vincolati più al narcotraffico che alla matrice politica e guidati da Victor Quispe Palomino.
Proprio tale nome, insieme al gruppo terrorista (in seguito a un’informativa delle Forze armate), viene espressamente citato dal breve comunicato diffuso dal presidente della Conferenza episcopale peruviana, mons. Miguel Cabrejos, il quale scrive: “La vita è sacra. Questo fatto tragico ci riporta all’epoca della barbarie e del terrore, che visse il Paese più di vent’anni fa, il cui esito furono 70mila morti e un gran numero di persone scomparse. Mai più il terrorismo. Mai più la violenza in Perù, da qualunque parte venga. Il nostro Paese ha diritto a vivere in pace e a costruire un futuro che benefici tutti”.
Tuttavia, le indagini sulla matrice del massacro proseguono. La Polizia ha manifestato prudenza sull’attribuzione dell’attentato, le stesse testimonianze dei sopravvissuti parlano di persone senza uniformi e senza le “maglie nere” tipiche di “Sendero Luminoso”; il clima politico e sociale è oggi estremamente confuso, tale da non far escludere anche altre ipotesi non meno inquietanti. Oltre alla gravità del fatto in sé condannato da tutte le forze politiche, in particolare dall’attuale presidente Francisco Sagasti, c’è la preoccupazione che esso accenda ulteriormente gli animi, nel mezzo di una campagna elettorale che si sta combattendo in un clima di estrema polarizzazione tra il candidato di sinistra Pedro Castillo (accusato proprio dai suoi rivali di collusioni con ambienti del “Senderismo”), dato in testa dai sondaggi, e Keiko Fujimori, figlia del dittatore Alberto. Il dibattito è incentrato tutto sulla paura incrociata del “comunismo” e del “ritorno alla dittatura” di destra. Riferendosi indirettamente a tale clima, nell’omelia pronunciata domenica nella solennità della Pentecoste, il primate del Perù, mons. Carlos Castillo, arcivescovo di Lima, ha invitato, tra l’altro, a rispettare le differenze, senza far prevalere ideologie e pregiudizi, e a operare “con ingegno, intelligenza, pazienza, prudenza e senza esacerbare le contraddizioni”.