Myanmar: rischio di guerra civile. Appello del card. Bo (presidente vescovi), “parliamo la lingua dell’unità e non la disunità di Babele. Solo cosi le cose possono cambiare”

“Parliamo la lingua dell’unità in Myanmar: non la disunità di Babele ma l’unità della Pentecoste”. Un appello a non cedere alla logica degli scontri ma a rimanere uniti come Nazione è stato lanciato ieri mattina dall’arcivescovo di Yangon, il card. Charles Bo, nell’omelia pronunciata nel giorno in cui la Chiesa ha celebrato la festa della Pentecoste. Con il passare del tempo, dalla presa del potere da parte della giunta militare con il golpe del 1 febbraio, si è purtroppo riaperto in Myanmar un altro fronte: quello militare contro le autonomie regionali armate, facendo ripiombare il Paese sul baratro di una guerra civile diffusa. È quanto sta succedendo nello Stato del Karen dove dalla fine di marzo i militari stanno compiendo veri e propri raid aerei che, secondo la Karen National Union (Knu), hanno prodotto un esodo di almeno 12.000 sfollati, alcune migliaia dei quali si sono riversati in Thailandia. Situazione critica anche nello Stato del Kayah, dove sono in corso violenti scontri tra le forze della giunta e le Forze di difesa del popolo (il People’s Defence Force) formate da combattenti della resistenza civile. E infine nello Stato Kachin dove nella municipalità di Momauk sono scoppiati scontri tra le forze militari e il Kachin Independence Army (Kia), con oltre 10.000 persone in fuga. “Come nazione – ha detto ieri l’arcivescovo Bo – stiamo attraversando tempi difficili. La scorsa domenica Papa Francesco ci ha consolato incoraggiandoci a restare uniti e ad operare per la pace. Sì, ci sono ora divergenze di opinione tra le persone. Alcuni vogliono la pace; alcuni vogliono il confronto attraverso l’esercito federale. Ci sono quindi differenze di opinione. Ma costruire la democrazia, non è come costruire la torre di Babele. Abbiamo tutti bisogno di parlare la stessa lingua. La democrazia è un grande ideale. Ma può essere frainteso. Mai violenza può far nascere la democrazia. Solo la pace può”. L’arcivescovo ha quindi messo in guardia sulla “divisione del popolo birmano” ed ha chiesto a tutti di non “cedere alla logica dell’odio e della vendetta”, ma “mantenere lo sguardo fisso su Gesù, il Dio dell’amore, che ci chiama ad essere fratelli e sorelle gli uni per gli altri”. “Solo così le cose possono cambiare”. Il card. Bo, che è anche presidente dei vescovi del Myanmar, ha quindi lanciato un augurio: “Che il giorno di Pentecoste porti una nuova lingua nelle nostre lingue: la lingua dell’amore. Solo l’amore può far sì che una lingua unisca le persone come il giorno della Pentecoste. L’odio è la lingua della confusione, la lingua della torre di Babele, dove prevalse la confusione e il progetto fallì miseramente. Come Nazione siamo un colorato mosaico di culture: 8 tribù e 135 sottotribù. Più di 100 le lingue parlate. Con così tante lingue, dobbiamo avere una visione comune e un linguaggio comune di speranza e amore. Solo così possiamo vincere. Perché il linguaggio dell’amore non conosce morte. Il Papa ci ha incoraggiati: il popolo birmano non deve perdere la fede e la speranza anche nella notte buia del dolore, anche quando il male sembra avere la meglio. Questo è anche il messaggio della Pentecoste”.

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