Terra Santa: Pizzaballa (patriarca) a veglia Pentecoste, “Spirito ci dia il coraggio della difesa della giustizia senza compromessi con la verità. Ci renda capaci di perdono”

“In questi ultimi giorni, abbiamo assistito a forti tensioni anche all’interno delle nostre città, dove israeliani ebrei e palestinesi vivono insieme. È un segnale preoccupante che indica un disagio profondo al quale tutti dobbiamo prestare maggiore attenzione”. È il monito del patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, che oggi, a Gerusalemme, ha presieduto la veglia di Pentecoste. “Abbiamo bisogno che lo Spirito scenda su tutti, affinché tutti si riconoscano parte di un unico corpo, scompaia ogni forma di discriminazione, e perché si prendano decisioni eque per gli umili della terra” ha affermato Pizzaballa auspicando che “si riconosca davvero, nelle legislazioni, nei nostri atteggiamenti e nelle scelte personali e collettive, il carattere plurireligioso, pluriculturale e pluri-identitario della nostra società. Dobbiamo condannare la violenza, anche quella troppo spesso – da un po’ di tempo a questa parte – presente nel linguaggio, e forse troppo spesso ignorata. Un linguaggio aggressivo conduce inevitabilmente alla violenza fisica”. Da qui l’invito a “lavorare con le tante persone, di ogni fede, che credono ancora ad un futuro insieme e si impegnano per esso. È stato bello vedere in questi giorni come, oltre alle tensioni e alle violenze settarie, ci siano state anche manifestazioni di amicizia e di fratellanza tra israeliani ebrei e palestinesi. Sono un segno confortante della presenza dello Spirito del Signore in mezzo a noi, nonostante tutto”. “Non dobbiamo coltivare né permettere che si sviluppino sentimenti di odio. Dobbiamo far sì – ha rimarcato il patriarca – che nessuno, sia ebreo che palestinese, si senta rifiutato. Dovremo essere più chiari nella denuncia di ciò che divide. Non potremo ritenerci soddisfatti di incontri interreligiosi di pace, pensando che bastino per risolvere il problema della convivenza. Ma dovremo davvero impegnarci perché nelle nostre scuole, nelle nostre istituzioni, nei media, nella politica, nei luoghi di culto risuonino il nome di Dio, di fratello e di compagno di vita”. “Siamo invitati oggi, come discepoli del Vangelo, ad abbandonare le nostre paure, i nostri cenacoli chiusi e ad essere capaci di annunciare e testimoniare la vita di Dio in noi e in tutti, la pace e l’unità dell’umanità in Dio. Il dono dello Spirito – è stata la conclusione – ci faccia comprendere e illumini la nostra vocazione personale ed ecclesiale, in questo nostro contesto sociale così ferito e stanco; ci renda capaci innanzitutto di accogliere la nostra realtà senza menzogne e senza illusioni, metta sulle nostre labbra parole di consolazione, ci dia il coraggio della difesa della giustizia senza compromessi con la verità. Ci renda capaci di perdono”.

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