“Ormai da anni sosteniamo l’assoluta necessità di varare un piano nazionale per la prevenzione degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali, supportato da risorse adeguate”: lo dichiara il presidente nazionale dell’Anmil, Zoello Forni, per sottolineare la comunanza di lotta per la sicurezza con i sindacati che promuovono, oggi 20 maggio, una Giornata per la sicurezza sul lavoro. “Il problema ha due radici profonde: da una parte la mancanza di una formazione adeguata e dall’altra la certezza di un lavoro che origina la complicità coatta ad accettare rischi e pericoli che dovrebbero essere opportunamente prevenuti”, sottolinea Forni.
“Anche una manifestazione generale come quella di oggi non può che fare bene all’informazione e alla sensibilizzazione di tutti perché le conseguenze di un infortunio sul lavoro non lasciano escluso alcuno: i danni ricadono sulle famiglie, sulle aziende stesse, sulla società, sui conti pubblici, sui tribunali e sui lavoratori stessi”, precisa il presidente dell’Anmil.
“Restano indispensabili, senza se e senza ma, formazione e controlli per combattere il fenomeno infortunistico che ci ripropone ogni giorno lutti e sofferenza causati dalle medesime modalità di accadimento da cui sembra non impariamo nulla”, la denuncia di Forni.
“Certamente occorrono investimenti per la ricerca e il rinnovamento delle macchine e degli ambienti di lavoro, ma tutto deve partire dalla ferma convinzione di imprenditori, artigiani e lavoratori e solo un’azione sinergica può portare dei risultati in termini di arresto del fenomeno”, aggiunge il presidente dell’Anmil.
“Il ruolo dei sindacanti nelle aziende è fondamentale, perché gli infortuni sono sempre tutti prevedibili ed evitabili, e andrebbe valorizzato nell’interesse di tutti, anche della stessa impresa che, in caso di infortuni, ci rimette direttamente”, chiarisce Forni.
“Ma all’indomani di queste tragedie quotidiane nulla riprende come prima per le vittime e per le famiglie che si ritrovano sole, senza un sostegno psicologico neppure per i figli minori, che alla maggiore età vedono addirittura perdere il diritto a qualunque risarcimento, per non parlare di quei genitori che, per il solo fatto di non risultare a carico di figli che vivevano con loro, in base alla normativa che regola risale al 1965, non vedono riconoscersi la titolarità di alcun diritto, come se da quella morte non ne avessero avuto alcun danno morale. Per questo – conclude il presidente dell’Anmil – chiediamo con forza che anche a questa si ponga mano con urgenza all’intero impianto del testo unico infortuni”.