Il conflitto in corso tra Israele e i gruppi armati palestinesi, a Gaza, sta determinando il danneggiamento o, addirittura, la distruzione di strutture che erogano servizi di base, come ospedali, strade, impianti di desalinizzazione e scuole. Ad affermarlo è Chiara Saccardi, responsabile geografico per il Medio Oriente di Azione contro la fame, organizzazione umanitaria internazionale specializzata nella lotta contro le cause e le conseguenze della fame. Mentre le ostilità si intensificano, causando la morte di più di 213 abitanti di Gaza e 12 israeliani, “gli spostamenti sulle arterie principali, oltre che l’accesso all’acqua pulita e sicura e all’elettricità, diventano sempre più difficili”. La situazione è resa ancora più complessa dalla “mancanza di risorse fondamentali, come carburante e medicine e, in particolare, dalle precarie condizioni di sicurezza, che impediscono agli operatori di raggiungere le strutture danneggiate per effettuare gli opportuni interventi. La comunità umanitaria continua a chiedere la creazione di un corridoio umanitario per fornire un sostegno immediato alla popolazione di Gaza, con l’obiettivo di scongiurare il peggioramento della situazione”. Dall’inizio dell’escalation di violenza, il 9 maggio, più di 75 “incidenti” hanno riguardato le reti idriche e sanitarie (fogne, pozzi, stazioni di pompaggio, discariche di rifiuti solidi, l’impianto di desalinizzazione nel nord di Gaza, che fornisce acqua a circa 250.000 persone), con un impatto sull’accesso all’acqua e ai servizi igienici per più di 800.000 persone a Gaza. “La popolazione gazawa è a rischio di infezioni e di malattie a causa della mancanza di acqua pulita e della gestione delle acque reflue”, aggiunge Saccardi. A rischio anche la lotta alla pandemia: il centro sanitario Al Remal, incaricato di condurre e fornire i risultati dei test Covid-19, è stato distrutto, lo scorso 17 maggio, a causa di un attacco aereo, rendendo quasi impossibile la possibilità di tenere traccia dell’evoluzione della pandemia. “La fornitura di energia rappresenta, in questo momento, un altro grave problema: il carburante – spiega Saccardi – sta per terminare, con un impatto diretto sulla produzione di elettricità da parte del Gaza Power Plan. La fornitura di energia a Gaza è già stata ridotta a meno di sette ore di elettricità al giorno”.