Nel nostro Paese “dall’inizio dello scorso anno fino alla fine di aprile si contano circa 500.000 posti di lavoro in meno rispetto a quelli che sarebbero stati creati se non si fosse manifestata la pandemia”. È quanto emerge dalla nota “Il mercato del lavoro: dati e analisi – Le Comunicazioni obbligatorie” redatta congiuntamente da ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e da Banca d’Italia. I dati, diffusi oggi, tengono conto dell’aggiornamento al 30 aprile 2021.
“Tra l’inizio di gennaio e la penultima settimana di febbraio – viene spiegato – le assunzioni, al netto delle cessazioni, sono aumentate a ritmi sostanzialmente identici a quelli rilevati nel corrispondente periodo sia del 2020, quando ancora non si era manifestata la pandemia, sia del 2019, un anno di moderata crescita del mercato del lavoro”. “Dalla fine di febbraio di quest’anno fino a metà di aprile, a causa dell’andamento dei contagi, la creazione netta di posti di lavoro è rallentata; sono poi tornati a manifestarsi segnali di ripresa”.
Dai dati diffusi, “complessivamente nei primi 4 mesi del 2021 l’impatto della pandemia è stato significativamente meno intenso di quello osservato nello stesso periodo del 2020: tra gennaio e aprile sono state create circa 130.000 posizioni di lavoro, a fronte delle oltre 230.000 distrutte nello stesso periodo dell’anno prima”.
Stando alle previsioni macroeconomiche della Banca d’Italia, formulate nel gennaio del 2020, senza lo shock provocato dall’infezione da Covid-19 nel 2020 e nel 2021 la crescita dei nuovi posti di lavoro alle dipendenze sarebbe avvenuta all’incirca agli stessi ritmi del 2019.
“Il divario risulta limitato per le posizioni a tempo indeterminato (circa 100.000 unità in meno), grazie anche al blocco dei licenziamenti”, si legge nella nota, mentre “è invece particolarmente ampio per gli impieghi temporanei, più reattivi alle fasi di accelerazione del contagio: per questi contratti la differenza si è ampliata da -200.000 a fine febbraio a -280.000 a fine aprile”.
I dati confermano che la pandemia continua a penalizzare soprattutto i servizi privati e l’occupazione femminile (nei primi mesi del 2021 il saldo delle posizioni di lavoro create e distrutte è stato sostanzialmente nullo per le donne); il rallentamento ha coinvolto soprattutto le regioni del Centro-Nord.
Per quanto riguarda infine i licenziamenti, da quando il blocco è entrato in vigore (decreto “Cura Italia”), il numero medio mensile di quelli complessivi si è più che dimezzato, scendendo a circa 20.000, 2 ogni 1.000 lavoratori a tempo indeterminato.