“Abbiamo sconfitto la pandemia ma non si riesce a sconfiggere la violenza che ciclicamente torna ad insanguinare questa terra come se non bastasse il sangue finora versato. Stiamo vedendo che quando il fuoco divampa diventa poi difficile contenerlo”. Così padre Francesco Patton, custode di Terra Santa, interviene sugli scontri divampati in questi giorni da Gerusalemme a Gaza, passando per tante città in Israele e Cisgiordania, che stanno provocando decine e decine di morti tra palestinesi e israeliani. Il custode non esita a parlare di “veri e propri fenomeni di odio”: “La polarizzazione cui abbiamo assistito in questi ultimi tempi – dichiara al Sir – ha prodotto delle vere e proprie esplosioni di odio distruttivo, per certi versi inaspettate. La morte dei civili, con un bilancio che sale ogni giorno, alimenta una spirale di violenza nei fronti opposti. Sono fatti che stanno frantumando anche gli equilibri di convivenza tra arabi-israeliani e ebrei-israeliani all’interno delle città israeliane, dove in questi giorni sono documentati pestaggi, disordini, saccheggi e intimidazioni”. “Non tutta la popolazione locale è coinvolta in questo turbine di violenza, molti hanno preso le distanze – riconosce il custode -. Purtroppo a sobillare gli animi sono anche squadracce che arrivano da fuori per picchiare e provocare disordini senza che le forze dell’ordine siano in grado di intervenire per prevenirli o sedarli. La violenza nelle mani di alcuni diventa così uno strumento politico. L’assenza della comunità internazionale non fa altro che permettere il rafforzarsi di queste posizioni estremiste. La sola voce che si è alzata con vigore in questi giorni è stata quella di Papa Francesco, che è la voce di un leader spirituale e morale, che ha più volte invitato alla moderazione, al dialogo, a fermare le armi”. Ai leader politici delle grandi potenze, invece, “sembra che manchi non solo la voce ma anche la determinazione – loro che disporrebbero dei necessari strumenti di dissuasione – per portare le parti in guerra anzitutto a una tregua e poi anche attorno ad un tavolo per dialogare. Di fronte a fatti come questi mi chiedo spesso come mai i rifornimenti di armi superino facilmente tutte le forme di embargo e perfino i confini più impermeabili, mentre medicinali, vaccini, generi di prima necessità non riescano a passare se non con grande difficoltà”. Nell’intervista al Sir il custode auspica anche un ritorno dei pellegrini in Terra Santa, complice la riapertura delle frontiere israeliane per piccoli gruppi di stranieri vaccinati – prevista per il 23 maggio. “I pellegrini sono da sempre un elemento di pacificazione e inoltre portano economia e lavoro. Sono due bisogni primari che se soddisfatti farebbero diminuire le tensioni sociali. Inoltre i pellegrini e i turisti spingerebbero i loro Paesi di provenienza (opinione pubblica, politici e diplomatici) a interessarsi maggiormente di ciò che qui avviene. È necessario, in questa fase, coltivare il coraggio di organizzare pellegrinaggi per contribuire alla pacificazione sul terreno. Così tra tante ombre proviamo a gettare anche semi di speranza”.