“La natalità e la politica per alcuni versi sono molto simili: quando realmente incidono hanno tempi lunghi”. Lo ha detto oggi Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, aprendo a Roma gli Stati generali della natalità. “Parecchi anni fa mio nonno Marcello, a cui ero molto legato, l’estate prima che morisse, come se lo sentisse mi chiese di accompagnarlo in campagna. Una volta arrivati tirò fuori dal bagagliaio dell’auto una piantina di fico molto piccola, chiedendomi di aiutarlo a piantarla. E mentre stavamo lì a fare la buca mi disse: Gigi, quando io non ci sarò più ricordati di me quando ti farai la pizza con i fichi che a te piace tanto. E così è stato: dopo parecchi anni abbiamo iniziato – e continuiamo – a mangiare di quella pianta, anche oggi che nonno Marcello non c’è più”, ha ricordato il presidente del Forum.
“Con la natalità e, aggiungo, con la politica funziona allo stesso modo: oggi dobbiamo seminare quella piantina di fico i cui frutti verranno raccolti da chi viene dopo di noi. Perché le politiche per la famiglia non danno frutti immediati, ma certi. E forse, anzi, sicuramente noi non ci saremo, più, ma ne beneficeranno i nostri figli e i nostri nipoti. Per questo è urgente cambiare mentalità: dal bonus alla riforma strutturale. Dalla spesa all’investimento. Dal consumare al seminare. Non c’è nulla di più ecologico di un serio investimento sulla ripartenza delle nascite”.
Riprendendo le parole di Papa Francesco – “Quella che stiamo vivendo non è semplicemente un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento di epoca” – si è chiesto De Palo: “E come stiamo rispondendo a questa sfida?”. “Noi siamo qui, oggi, perché abbiamo scelto di non rassegnarci – la risposta -. Non vogliamo rassegnarci a sentire o vedere donne costrette a scegliere tra il lavoro e la famiglia. Non vogliamo rassegnarci a vedere i nostri figli su Skype perché qui, in Italia, è impossibile realizzare i loro sogni. Non vogliamo rassegnarci alla magra e stupida consolazione di poter dire, tra dieci anni: ‘Ve lo avevamo detto’. Non vogliamo rassegnarci a un Paese stanco e ripiegato su sé stesso, come un pugile sulle gambe che non riesce più a riprendersi. Non vogliamo rassegnarci a famiglie stanche, che non arrivano alla fine del mese perché sono abbandonate a sé stesse. Non vogliamo rassegnarci a quello sport, tutto italiano, di leggere la natalità con una chiave di lettura ideologica, come se fosse un’occasione divisiva e non come l’opportunità più ghiotta di fare squadra”.