“Una violenza cieca e mai vista prima che sta coinvolgendo tante città con comunità miste come Tel Aviv, Jaffa, Lod, Ramle, Haifa. Siamo al limite della guerra civile. Non ci siamo chiaramente ancora arrivati e speriamo di non arrivarci”. Non usa mezzi termini Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, per commentare al Sir le violenza che da giorni stanno infiammando giorni Israele, Gaza e la Cisgiordania, con decine di morti e centinaia di feriti da ambo le parti. Allontanando l’idea di “una Terza Intifada”, il patriarca, 30 anni di vita trascorsi in Terra Santa, spiega che “ciò che stiamo osservando oggi è il risultato di anni di politica di disprezzo e anche di abbandono. La politica di disprezzo portata avanti dalle formazioni estremiste di destra. Il disprezzo è sempre l’anticamera della violenza”. In questo clima di violenza diffusa a farne le spese sono anche le comunità cristiane: “ci sono stati dei casi di aggressione ad alcune famiglie, non per motivi religiosi ma perché arabe – rivela Pizzaballa nell’intervista al Sir -. Nella gente c’è tanta sorpresa e grande preoccupazione per una violenza che è esplosa in maniera molto veloce ed inaspettata, evidente segno di una stanchezza che covava da tempo. Ciò che si percepisce è una inadeguatezza da parte di tanti israeliani e palestinesi che non riescono a fronteggiare questa situazione: da un lato, sono desiderosi di continuare a vivere insieme nel rispetto reciproco e, dall’altro, si sentono tirati – lacerati – da forze estremiste che un tempo latenti oggi sono emerse con drammatica virulenza”. “Ricucire questi strappi non sarà facile – ammette il patriarca – per ricostruire la fiducia ci vorrà molto tempo e soprattutto e richiederà un’azione comune. Anzitutto da parte della politica: non si potrà più permettere che una politica, anche di alto livello, usi il linguaggio del disprezzo e dell’antagonismo come accaduto molte volte da parte di alcuni elementi che siedono anche in Parlamento. È importante, alla stessa maniera, che le comunità e i leader religiosi lavorino in questa direzione. Ricostruire la fiducia è un lavoro lungo e non dobbiamo farci troppe illusioni sperando in risultati veloci. Si tratta di un lavoro che parte da lontano, dalle scuole, in primis, insegnando la convivenza, il rispetto, la tolleranza e il diritto”.
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