“Quando si tocca Gerusalemme, dilagano fatalmente violenze e dolore, che travolgono tutti. Il cuore del conflitto, come sempre, è la Città Santa. E come riconosceva San Giovanni Paolo II, finché non ci sarà pace a Gerusalemme, non ci sarà pace nel resto del mondo”. Così ripete all’Agenzia Fides padre Ibrahim Faltas, sacerdote francescano della Custodia di Terra Santa, che, dal cuore della Città Vecchia, segue la nuova ondata di violenza che sta dilagando in Terra Santa. “Era da un mese che si susseguivano iniziative e fatti destinati a aumentare la tensione intorno a Gerusalemme. Era prevedibile – aggiunge il frate – che la situazione precipitasse. La gravità del conflitto in atto non si vedeva da molto tempo: la violenza e gli scontri dilagano non solo nei Territori Palestinesi, ma anche a Jaffa, Ramla, Haifa, Akko, Lod…”. L’escalation del conflitto, scandita dal lancio di razzi di Hamas sul territorio israeliano e dalle rappresaglie militari israeliane contro la Striscia di Gaza, rischia di assumere ampiezza e sviluppi imprevedibili. “Ma la radice – insiste padre Faltas – è facilmente riconoscibile, ed è sempre la stessa. In questi giorni avevo tra le mani un libro del 1986, che descrive situazioni e fatti che sono gli stessi di oggi: gli scontri alla Porta di Damasco, le incursioni militari sulla Spianata delle Moschee… Si tocca il nervo sensibile, quando si vuole far saltare tutto. E qui tutti sanno che la chiave della pace e della guerra è Gerusalemme”. “Gerusalemme – sottolinea padre Ibrahim – non è una città come le altre. Non è gemellata con nessun altro centro urbano, perché per definizione non ha, non può avere città ‘gemelle’. E non potrà mai essere la città appartenente a una sola parte, a un solo Stato, a un solo gruppo religioso. Tutti i tentativi di eliminare i fattori della sua identità plurale attraverso le politiche dei fatti compiuti, portate avanti anche in maniera brutale, la sfigurano, e sono comunque destinati a fallire. Gerusalemme è la citta-madre di tutti, sarà per sempre nel cuore delle tre comunità di fede abramitiche. E l’unica via per risolvere i problemi sarà quella di trattarli al tavolo delle trattative, senza rimuovere niente, e con il necessario coinvolgimento della comunità internazionale che non può continuare a essere assente e a voltarsi dall’altra parte, ogni volta che la violenza esplode a Gerusalemme e da lì si propaga nel mondo”.