“Vi preghiamo di prendere posizione davanti ai vostri governi per appellarli ad agire per Lampedusa” ed “affermare che Lampedusa è l’Europa; che i migranti nell’hotspot non sono italiani ma europei e che sfidano le politiche e la moralità europee”: è l’appello alle istituzioni e alle Chiese protestanti europee lanciato oggi da Mediterranean hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, che in queste ore sta gestendo la difficile situazione degli sbarchi sull’isola siciliana, con oltre 2.000 arrivi negli ultimi giorni e l’hotspot sovraffollato. “Quello a cui abbiamo assistito al molo, accogliendo e assistendo chi arrivava – scrivono nella lettera il pastore Luca Maria Negro, presidente della Fcei e il coordinatore di Mediterranean hope, Paolo Naso -, è che molti di loro sono rimasti feriti, maltrattati, donne incinte, alcuni incapaci di reggersi in piedi. Tra loro anche tanti bambini; alcuni piangevano per parenti che avevano perso la vita cercando di attraversare un mare che, invece di speranza e redenzione, portava disperazione e morte”. Come denunciato ieri dal parroco di Lampedusa, anche la Fcei racconta di centinaia di persone lasciate sul molo “per ore, senza wc, moralmente e fisicamente distrutte”. “Ora i migranti sono stati ospitati nel cosiddetto hotspot e molti di loro dormiranno senza letto o cuscino – ricordano -. Dov’è l’Europa in questo quadro?”. Situazione che accade “anche a Lesbo e in altri luoghi” ma “il fatto che le tragedie siano molteplici non riduce l’impatto o il peso di una singola tragedia”. La Fcei ricorda le tante politiche che possono essere adottate per aiutare i migranti: “L’apertura di corridoi umanitari; un aumento delle quote nazionali per il reinsediamento nel quadro del Global compact delle Nazioni Unite sui rifugiati e della strategia triennale sul reinsediamento e sui percorsi complementari; la moltiplicazione delle ricollocazioni dall’Italia e da altri Paesi più esposti; sostenere un piano d’azione organico dell’Ue che consideri la migrazione globale non come un’emergenza ma come un processo normale e a lungo termine”. “Come dirigenti della Chiesa – concludono – avete l’autorità morale per sollevare una questione umanitaria, anche se politicamente controversa”.