“La collaborazione con la giustizia ‘certamente mantiene il proprio positivo valore, riconosciuto dalla legislazione premiale vigente’ e non è irragionevole presumere che l’ergastolano non collaborante mantenga vivi i legami con l’organizzazione criminale di appartenenza. Tuttavia, l’incompatibilità con la Costituzione si manifesta nel carattere assoluto di questa presunzione poiché, allo stato, la collaborazione con la giustizia è l’unica strada a disposizione dell’ergastolano ostativo per accedere al procedimento che potrebbe portarlo alla liberazione condizionale”. D’altra parte “la collaborazione con la giustizia non necessariamente è sintomo di credibile ravvedimento, così come il suo contrario non può assurgere a insuperabile indice legale di mancato ravvedimento: la condotta di collaborazione ben può essere frutto di mere valutazioni utilitaristiche in vista dei vantaggi che la legge vi connette, e non anche segno di effettiva risocializzazione, così come, di converso, la scelta di non collaborare può esser determinata da ragioni che nulla hanno a che vedere con il mantenimento di legami con associazioni criminali”. È quanto si legge nella motivazione dell’ordinanza n. 97 (redattore Nicolò Zanon) depositata oggi (e anticipata con il comunicato del 15 aprile scorso), con cui la Corte costituzionale ha stabilito che spetta, però, al Parlamento, modificare questo aspetto della disciplina relativa al cosiddetto “ergastolo ostativo”. “Un intervento meramente ‘demolitorio’ della Corte – viene spiegato – potrebbe produrre effetti disarmonici sul complessivo equilibrio di tale disciplina, compromettendo le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva che essa persegue per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa”. L’ordinanza della Consulta spiega che, “in base alla costante giurisprudenza costituzionale, è proprio l’effettiva possibilità di conseguire la libertà condizionale a rendere compatibile la pena perpetua con la Costituzione; se questa possibilità fosse preclusa in via assoluta, l’ergastolo sarebbe invece in contrasto con la finalità rieducativa della pena (articolo 27, terzo comma, Costituzione). La vigente disciplina ‘ostativa’ mette però in tensione questo principio. Ribadendo che l’intervento di modifica dev’essere, “in prima battuta, oggetto di una più complessiva, ponderata e coordinata valutazione legislativa”, la Corte ha concluso che “esigenze di collaborazione istituzionale” hanno imposto di “disporre il rinvio del giudizio in corso e di fissare una nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale in esame, alla data del 10 maggio 2022, dando così al Parlamento un congruo tempo per affrontare la materia”.