Non si placano in Brasile le reazioni a quanto accaduto giovedì scorso a Rio de Janeiro, nella favela di Jacarezinho, dove vivono 40mila persone. La Polizia ha compiuto un sanguinoso raid contro il traffico di droga. Mentre, alle 8 del mattino, la gente usciva e i bambini andavano a scuola, l’operazione si è trasformata in una carneficina: persone uccise in mezzo alla strada, altre inseguite fin dentro le case e freddate davanti a famiglie e minori. Alla fine il bilancio è stato di 25 morti, tra cui un agente.
“Ci uniamo a tutta la città per chiedere di trovare vie di pace e comprensione, perché tutto questo è deplorevole – ha dichiarato a Vatican News l’arcivescovo di Rio, il card. Orani João Tempesta -. E mentre preghiamo per i defunti, continueremo la nostra presenza religiosa, sociale ed educativa in questa regione, cercando di portare le persone a incontrarsi con Dio e con un mondo più giusto e umano. Ci rammarichiamo profondamente per questo momento della storia di questa città e ci uniamo a tutti coloro che soffrono: familiari, amici e conoscenti e tutti quelli della comunità di Jacarezinho che stanno attraversando questo momento”.
La Commissione Arns, che si ispira nella sua azione per i diritti umani alla lezione del card. Paulo Evaristo Arns, che fu arcivescovo di San Paolo, rende pubblica “la sua veemente condanna” per l’operazione di Polizia. Si tratta del raid “più letale dal 1989, con almeno 25 morti già confermati e sparatorie che sono continuate incessantemente per tutto il giorno”.
È inaccettabile, secondo la Fondazione Arns, che “questo massacro avvenga nel mezzo della pandemia che affligge il Paese da oltre un anno, con circa 415.000 morti”. La stessa Corte suprema federale ha decretato la sospensione, in questo periodo, di operazioni di Polizia, salvo casi di elevata eccezionalità, previa informazione e monitoraggio del Pubblico ministero.