In Italia, a causa del Covid-19, il valore aggiunto è diminuito nel 2020 dell’11,1% nell’industria in senso stretto, dell’8,1% nei servizi, del 6,3% nelle costruzioni e del 6,0% nell’agricoltura. Lo certifica l’Istat nel Rapporto sulla competitività 2021, nel quale evidenzia come la caduta più marcata si sia registrata nei comparti di commercio, trasporti, alberghi e ristorazione (-16%); attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, di riparazione di beni per la casa (-14,6%); attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrative e servizi di supporto alle imprese (-10,4%). Tra i settori manifatturieri, il comparto del tessile, abbigliamento e calzature ha subito il crollo più grave (-23%), seguito dai macchinari e mezzi di trasporto (-15%). Gli alimentari e il farmaceutico sono stati gli unici settori a registrare incrementi di valore aggiunto (+2 e +3,5% rispettivamente). Nel 2020 le esportazioni italiane si sono ridotte del 9,7% in valore, una caduta molto meno ampia di quella del 2009 (-20,9%); la flessione è stata meno accentuata per i beni esportati in Germania e Stati uniti (-4,8 e -6,7%), più marcata per quelli destinati alla Francia (-11,7%). Molto contenuto il calo verso la Cina (-0,6%). L’Italia ha tuttavia mantenuto e/o aumentato quote di mercato in alcuni Paesi dell’Ue, in Cina e Svizzera, mentre ne ha perse negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Le imprese italiane hanno potuto difendere la propria posizione sui mercati internazionali grazie a una presenza su mercati più dinamici (effetto struttura geografica) e a fattori di prezzo e di qualità (effetto competitività).