Terremoto L’Aquila: card. Petrocchi (arcivescovo), “preghiamo per le vittime del Covid. Anche questa battaglia costituisce una impresa di popolo”

“Le vittime del terremoto sono stati e continuano ad essere – a pieno titolo – membri del popolo che noi formiamo. Perciò non appartengono soltanto ai ‘loro’ parenti, ma sono e rimangono ‘nostri’ fratelli e con-cittadini, nella grande famiglia aquilana. Perciò, insieme a noi, ‘ri-costruttori’ di una comunità, ecclesiale e civile, impegnata nel tessere iniziative di ‘risurrezione’: infatti la ‘ricostruzione’, senza ‘risurrezione’, sarebbe un’attività solo edilizia e architettonica, destinata a non ricomporre e consolidare il popolo aquilano”. Lo ha detto, ieri sera, il card. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo di L’Aquila, durante la messa in suffragio delle 309 vittime del terremoto del 6 aprile 2009, nella chiesa di di Santa Maria del Suffragio. Nel corso della liturgia sono stati scanditi i nomi delle 309 vittime: “Non si tratta solo di un appello, codificato in un rituale meccanico. Significa dichiarare un vincolo che c’è e rimane”.
E se “le luci accese sulle finestre diventano espressione esterna delle lampade che ardono nel cuore, alimentate dalla condivisione d’anima e da vicinanza partecipe”, i rintocchi delle campane (ieri sera a piazza Duomo) “non rappresentano segnali di lutto, ma un richiamo ad un ‘patto’ sociale – scritto non sulle carte, ma nelle coscienze – che ci impegna a tendere, insieme, non solo al ‘come prima’, ma al ‘di più’ e al ‘meglio'”. Per la Chiesa, “questi rintocchi” diffondono “l’invito ad essere cittadini degni del Vangelo”.
Dopo la calamità del terremoto 2009, con le sue repliche del 2016 e 2017, ha ricordato il porporato, “si è abbattuta, nel nostro territorio, l’emergenza pandemica. Preghiamo per i deceduti a causa della epidemia, per quanti hanno contratto il contagio e per le loro famiglie. Esprimiamo profonda partecipazione a coloro che hanno subìto danni professionali e relazionali: nessuno è escluso dal nostro abbraccio fraterno e dalla nostra ‘prossimità fattiva'”.
Il cardinale ha osservato: “Anche questa battaglia non può gestita solo da una élite, ma costituisce una impresa di popolo. Non bastano atteggiamenti ‘virtuosi’ di una minoranza, che possono essere diluiti o azzerati da comportamenti dannosi di un’altra porzione di persone. Anche se le urgenti e necessarie strategie ‘tecnico-scientifiche’ e ‘farmacologiche’ (come la vaccinazione di massa) risolvessero nel tempo il problema sanitario, ma non venissero messi in campo gli indispensabili stili cognitivi e relazionali, segnati da una coesione matura e fattiva, i costi umani – come anche i guasti sociali ed economici – sarebbero disastrosi, e questo non possiamo permettercelo”.
E ha concluso: “La preghiera fatta ‘per’ le vittime del sisma e ‘dalle’ vittime del sisma aiuti il popolo aquilano a crescere nei valori cristiani e umani”.

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