Giovane (38 anni), carismatica: è il ritratto della nuova presidente del Kosovo Vjosa Osmani, eletta dal parlamento di Pristina il 4 aprile. Osmani è la quinta presidente del Kosovo dopo lo storico leader Hashim Taci dimessosi in novembre in seguito a una sentenza per crimini di guerra e la seconda donna dopo Atifete Jahjaga, in carica dal 2011 al 2016. “L’elezione dimostra che è in atto una trasformazione generazionale nella politica kosovara perché in prima linea c’è la nuova generazione che non ha partecipato alla guerra”, spiega al Sir l’analista dei Balcani Nikolay Krastev. “In verità – continua Krastev – Osmani ricopriva già la carica di presidente della Repubblica ad interim da novembre fino a marzo. Osmani rappresenta il cambiamento in atto, ma non dovremmo aspettarci svolte radicali soprattutto per quanto riguarda i negoziati con la Serbia”. Infatti, nella sua prima dichiarazione dopo le elezioni, la presidente ha auspicato dialogo e “normalizzazione dei rapporti”, ma ha ribadito che Belgrado dovrà scusarsi e processare i responsabili per i crimini di guerra avvenuti nei tardi anni ‘90. “La pace ci sarà solo quando avremo le scuse dalla Serbia e quando ci sarà giustizia per coloro che hanno sofferto per quei crimini”, ha detto. “Già è un passo in avanti – rileva Krastev –, perché i negoziati con la Serbia non rappresentano una priorità assoluta, almeno a prima vista, per il governo del premier Albin Kurti”. “La nuova presidente però – conclude l’analista – cercherà di rappresentare un Kosovo nuovo, di aspetto più europeo, con partner internazionali tra cui gli Stati Uniti. La nuova classe politica dovrà concentrarsi sull’economia e sulla riforma delle istituzioni”.