“Mentre si celebra la Festa del lavoro, il mio pensiero va a tutti coloro che, a causa della crisi sanitaria ed economica, hanno perso o hanno visto fortemente limitata la propria occupazione. Vorrei farmi portavoce del grido di dolore e di disperazione che avverto sempre più frequentemente giungere da centinaia di persone che stanno attraversando una profonda crisi personale e familiare”. Così mons. Michele Seccia, arcivescovo di Lecce, nella lettera indirizzata a lavoratori e lavoratrici nella quale ricorda l’indizione dell’Anno Giuseppino ad opera di Papa Francesco, per presentare la figura di san Giuseppe come modello di laboriosità ed esempio di testimonianza cristiana. Un grido che si trasformi in preghiera al Signore per essere liberati da angoscia e dolore, rivolgendosi a san Giuseppe, definito “il vero patrono del lavoro”, esempio di pazienza, perseveranza, creatività, fiducia e laboriosità, vissute tra fatiche, difficoltà, dolori e pene, tipici di ogni lavoro. “Cari lavoratori e lavoratrici: Coraggio! Non temete! Invocate con perseveranza l’intercessione di San Giuseppe! Imitatene la fiducia nell’ora della prova! E costruite con lungimiranza e passione il vostro futuro. Rispondiamo alla mancanza di lavoro con l’incremento della solidarietà, la forza della creatività e l’audacia della progettualità!”, le parole del vescovo, ricordando come la Chiesa di Lecce rinnova il suo impegno a servizio dei lavoratori e proclama che ogni attività umana non deve servire al bene egoistico, ma avere il crisma dell’azione solidale. Ringraziando i volontari per la generosità ed il sacrificio messo in campo nelle azioni di promozione del lavoro giovanile e nelle opere di carità, mons. Seccia sottolinea due dimensioni: la fraternità e la sicurezza. L’associazionismo come esempio di patto sociale tra imprenditori e lavoratori che, cooperando in fraternità, generino nuove forme di partecipazione e nuovi modelli di solidarietà. La sicurezza non solo intesa come pratica per evitare incidenti, ma soprattutto come stabilità lavorativa ed economica per garantire serenità alle famiglie. La lettera si conclude con un riferimento all’emergenza sanitaria, specificando come non sono le misure anti-contagio a deprimere l’economia, ma il contagio stesso la vera causa della crisi. “L’impegno di tutti sia, allora, quello di fermare subito il contagio: solo così si risolleverà presto anche l’economia del nostro territorio e si potrà dare risposta alle legittime aspirazioni di tutti quegli operatori che da oltre un anno soffrono per le attuali restrizioni”, conclude mons. Seccia che, con questi sentimenti, si unisce alle celebrazioni della Festa del Primo Maggio. “San Giuseppe ci ottenga di godere sempre dei frutti del lavoro quotidiano e celebrare, con animo libero e sereno, l’amicizia con Gesù, il divino lavoratore di bottega, fabbro della nostra salvezza”.