“Desidero offrirvi qualche spunto per tornare a riflettere sul compito di una realtà come l’Azione cattolica italiana, in modo particolare dentro un tempo come quello che stiamo vivendo”. Così si è espresso Papa Francesco ricevendo oggi il Consiglio nazionale dell’Ac, associazione impegnata in questi giorni nell’Assemblea nazionale. Il pontefice ha dapprima accolto i consiglieri, ha ascoltato gli indirizzi di saluto del presidente nazionale Matteo Truffelli e dell’assistente ecclesiastico, mons. Gualtiero Sigismondi. Poi ha rivolto un lungo discorso incentrato sulle “tre parole azione, cattolica e italiana”.
“Possiamo chiederci cosa significa questa parola ‘azione’ – ha detto Bergoglio – e soprattutto di chi è l’azione. L’ultimo capitolo del Vangelo di Marco, dopo aver raccontato l’apparizione di Gesù agli Apostoli e l’invito che Egli rivolse loro ad andare in tutto il mondo e proclamare il Vangelo ad ogni creatura, si conclude con questa affermazione: ‘Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano’ (16,20). Di chi è dunque l’azione? Il Vangelo ci assicura che l’agire appartiene al Signore: è Lui che ne ha l’esclusiva, camminando ‘in incognito’ nella storia che abitiamo. Ricordare questo non ci deresponsabilizza, ma ci riporta alla nostra identità di discepoli-missionari”. Ricordare “che l’azione appartiene al Signore permette però di non perdere mai di vista che è lo Spirito la sorgente della missione: la sua presenza è causa – e non effetto – della missione. Permette di tenere sempre ben presente che ‘la nostra capacità viene da Dio’ (2 Cor 3,5); che la storia è guidata dall’amore del Signore e noi ne siamo co-protagonisti. Anche i vostri programmi, pertanto, si propongono di ritrovare e annunciare nella storia i segni della bontà del Signore”.
Il Papa ha osservato: “La pandemia ha mandato all’aria tanti progetti, ha chiesto a ciascuno di confrontarsi con l’imprevisto. Accogliere l’imprevisto, invece che ignorarlo o respingerlo, significa restare docili allo Spirito e, soprattutto, fedeli alla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo”. L’evangelista sottolinea poi che Gesù “confermava la Parola con i segni”. “Cosa significa? Che ciò che mettiamo in atto ha una precisa origine: l’ascolto e l’accoglienza del Vangelo. Ma vuol dire anche che ci dev’essere un legame forte tra ciò che si ascolta e ciò che si vive. Vi invito allora a far sì che la ricerca di una sintesi tra Parola e vita, che rende la fede un’esperienza incarnata, continui a caratterizzare i percorsi formativi dell’Azione cattolica”.