“Abbiamo voluto vivere davanti alla Sindone la contemplazione del corpo di Gesù con l’amore della Madre davanti al sepolcro, nel silenzio e nella preghiera come ci offre lo sguardo di fede di Maria. In questi momenti abbiamo rivissuto i suoi stessi sentimenti del cuore di Madre addolorata ma forte che confermano la certezza della risurrezione. Come ci ha ricordato Papa Francesco il nostro sguardo incrocia anzitutto quello di Gesù stesso che dalla Sindone ci invita ad andare oltre il mistero della sua passione e morte e apre il nostro cuore insieme a tutta la Chiesa perché vediamo il suo volto in quello di tanti nostri fratelli e sorelle sofferenti, poveri e bisognosi di affetto e di sostegno umano e spirituale, mentre lodiamo e rendiamo grazie al Signore sicuri e gioiosi della sua risurrezione e professiamo con fede: ‘Il tuo amore è per sempre’”. Si è conclusa con queste parole la riflessione proposta da mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino e Custode pontificio della Sindone, nel corso della contemplazione del Sacro Lino trasmessa in diretta tv dalla cattedrale di Torino.
“La Sindone è il Vangelo comunicato non con lo scritto o le parole ma con quanto il Telo ci mostra concretamente, per cui Papa Giovanni Paolo II l’aveva giustamente definita: lo specchio del Vangelo”, ha evidenziato l’arcivescovo.
Nella sua riflessione, mons. Nosiglia ha notato che “ci sono molti modi per portare la croce di Gesù. Quello del Cireneo è uno dei più comuni”. “Sono tutte quelle croci di cui sembra che nessuno possa fare a meno”, ha spiegato: “Una malattia grave, un problema difficile di famiglia o di lavoro, una realtà pesante e dura da sopportare per te o per chi ti è vicino, la morte di una persona cara. Insieme a questi si è aggiunto nel tempo presente anche la pandemia che ci obbliga a gestire una realtà faticosa e di sofferenza per molti ammalati e soggetti al coronavirus”. “C’è però un altro modo di portare la croce, quello di Maria, la madre di Dio”, ha osservato Nosiglia: “Ella sceglie di portare la croce con il Figlio sul Calvario”. “Questi due modi di portare la croce”, ha notato l’arcivescovo “è Gesù stesso che li fa diventare una cosa sola, quando dall’alto della sua croce, vedendo Giovanni e la Madre, li affida l’uno all’altro. Così la croce dei discepoli viene associata a quella di Maria e diventa scelta di amore e di consolazione, e quella di Maria viene associata a quella dei discepoli e diviene intercessione e mediazione di grazia”. Nosiglia ha poi richiamato “il capolavoro della ‘Pietà’ di Michelangelo che ci mostra la madre di Gesù, Maria addolorata ma serena, che accoglie sulle sue ginocchia il corpo morto del figlio. Un’opera che ci richiama al Sabato Santo e dunque tempo di attesa in un atteggiamento di silenzio e di preghiera insieme a Maria, nella vigilia della risurrezione di Gesù”.