Pasqua: mons. Redaelli (Gorizia), “l’abbraccio del Crocifisso è l’unico che ci salva”

“L’abbraccio del Crocifisso è l’unico che ci salva. E che importa se siamo santi o ladri, credenti o non credenti, forti o deboli, coraggiosi o paurosi. L’importante è che ci tenga stretti a Lui. E allora tutto sarà diverso”. Si conclude con queste parole il messaggio che mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia, ha inviato alla diocesi in occasione della Pasqua.
La riflessione del presule parte da “un crocifisso del tutto particolare” conservato in una cappella della collegiata di Neumünster nella città bavarese di Würzburg. “Il Cristo – spiega – non ha le mani inchiodate al braccio trasversale della croce, ma ha le braccia davanti a sé incrociate davanti al petto, come se volesse abbracciare qualcuno. Probabilmente la raffigurazione si ispira a un episodio mistico della vita di san Bernardo, che viene abbracciato dal Crocifisso”. “Per il Crocifisso di Würzburg, però, c’è anche una spiegazione leggendaria”, prosegue mons. Redaelli: “Si dice che in una notte un ladro, forse un soldato, all’epoca della sanguinosa guerra dei Trent’anni (1618-1648), sia entrato in quella antica chiesa e, avendo visto che il Crocifisso portava una splendida corona d’oro, cerco di rubargliela. Ma il Signore staccò le braccia dalla croce, si chinò in avanti, abbracciò il ladro e lo accostò al suo petto. Solo il sagrestano riuscì a liberarlo dall’abbraccio il mattino successivo”. “Oggi – commenta l’arcivescovo – abbiamo bisogno di questo abbraccio. Ne abbiamo bisogno in questo tempo di pandemia che non sembra finire mai”. “Abbiamo bisogno di consolazione e di una consolazione che ci infonda coraggio e speranza. Non di una consolazione illusoria, ma autentica, vera. Il Crocifisso non ci illude”, la certezza di mons. Redaelli, secondo cui “il suo essere in croce dice tutta la gravità del male, tutta la pesantezza della sofferenza, tutta l’angoscia della morte, tutta la profondità del peccato”. “Solo il Crocifisso – ribadisce l’arcivescovo – ci può dare una consolazione vera. Non si può imbrogliare stando appesi a una croce, non si possono raccontare favole quando si sta esalando l’ultimo respiro”.

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