“L’annuncio della Risurrezione del Signore Gesù, anche lui passato attraverso la morte e il sacrificio di sé stesso per il bene di tutta l’umanità, ci rivela che la felicità si raggiunge nel dono di sé all’altro, non nell’affermazione egoistica di sé stessi. Guardare al Cristo morto e risorto, ci spinge verso la logica dell’ama il prossimo tuo come te stesso. Fino in fondo, finché la vita dell’altro non sarà curata e custodita, amata e servita, come un bene prezioso. Solo così si salverà il mondo dalla decadenza e dalla morte e ci sarà speranza e vita”. Così mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, rivolge i suoi auguri pasquali ai fedeli invitandoli “ad accettare la realtà, anche se dolorosa; a farci carico delle sue conseguenze; a progettare stili di vita nuovi, più alti e più umani; a cercare la giustizia anche qui nella città terrena, ad allargare i cuori e le braccia verso tutti i fratelli e le sorelle, soprattutto se più poveri o deboli, a dare testimonianza che solo nel dono sincero di sé, anche se comporta lotte e sacrifici, ogni persona si ritroverà più realizzata e felice. E il mondo sarà migliore”. L’arcivescovo, davanti alla prova della pandemia, invoca una “reazione personale e collettiva, per superare, la sfiducia, la rabbia”. La prova va affrontata “accettando la realtà, riconoscendo che ci sono malattie, come questo virus, che le nostre potenti tecno-scienze non sanno sconfiggere. Ci voleva questo ‘tsunami’, per smascherare le nostre illusioni di dominare la natura e di poter raggiungere un benessere inattaccabile”. Altra via è “prevenire le conseguenze. Saranno colpiti, i più vulnerabili per salute, età, precarietà lavorativa, per povertà di risorse anche morali e per mancanza di garanzie sociali. Occorreranno scelte anche dolorose, per cambiare modi di vita e di lavoro, modelli di relazioni sociali, e imparare a rispettare il creato con le sue leggi e non avvelenarlo”. Infine la via dell’unità “dell’aiuto reciproco, del condividere la sofferenza e lottare insieme, oltre le differenze personali, o di ideologie, di etnie o di nazionalità. Sperimentiamo ogni giorno che i nostri problemi li possiamo affrontare solo se collaboriamo andando oltre la nostra regione, oltre l’Italia, oltre l’Europa, e ci apriamo a una nuova fraternità a livello mondiale. O ci facciamo fratelli di tutti o ci perderemo”.