“Gerusalemme è la chiave per chiudere ogni conflitto e aprire la porta della pace. Le proteste di questi giorni, dove hanno partecipato molti giovani, di tutte le religioni, ci invitano a scrivere una nuova pagina per una storia nuova, a ripensare a Gerusalemme come l’icona, il modello della fratellanza umana. Chiedo alla comunità internazionale di riprendere i dialoghi sulla questione di Gerusalemme, per il bene dell’umanità, per un futuro di pace e giustizia”: a chiederlo è padre Ibrahim Faltas, consigliere della Custodia di Terra Santa che, in un messaggio diffuso attraverso i social, parla delle tensioni tra palestinesi e ebrei ultraortodossi scoppiate in questi giorni a Gerusalemme, e propagatesi con effetto domino in tutta la Cisgiordania. “Gerusalemme, non è una città come le altre, ma un messaggio di convivenza e di pace per il mondo, ha una grande opportunità, in questo secolo post Covid, di ripartire con una luce nuova, come un modello esemplare, perché la sua natura e le sue caratteristiche sono i pilastri fondanti di una nuova società, dove le tre grandi religioni monoteiste, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam, possono essere le protagoniste di un modello di una società basata sulla coesistenza e sulla collaborazione”.
Questi ultimi fatti di violenza, secondo padre Faltas, che durante l’Assedio della Natività a Betlemme (dal 2 aprile al 10 maggio 2002) fece da mediatore tra i palestinesi e gli israeliani, “fanno comprendere la fragilità di Gerusalemme” la cui questione irrisolta “è tornata a galla violentemente”. Risultano attuali le parole di san Giovanni Paolo II, riprese dal francescano, per ricordare che “la città santa di Gerusalemme, così cara a ebrei, cristiani e musulmani, si eleva come un simbolo di incontro, di unione di pace per l’intera famiglia umana”. Per questo “con buona volontà e larghezza di vedute sia trovato un modo giusto nel quale i differenti interessi e aspirazioni possano essere messi insieme in una forma armoniosa e ferma” e siano difesi in modo adeguato ed effettivo” perché “se non ci sarà pace a Gerusalemme, non ci sarà pace nel mondo”.