“Potere è prima di tutto un verbo: poter servire, poter fare, poter fare bene, cerchiamo di farlo tutti insieme per le nostre Acli e farle diventare Acli in movimento, in cammino, soprattutto verso le periferie esistenziali”: così Emiliano Manfredonia, nuovo presidente nazionale Acli, eletto il 20 febbraio scorso, in un’intervista pubblicata sul numero di maggio di Vita pastorale, anticipato al Sir.
Affrontando la questione lavoro, tra contratti a tempo determinato non rinnovati e possibili licenziamenti, Manfredonia osserva: “Come Acli siamo chiamati a responsabilizzare tutti gli attori, dalle istituzioni, ai partiti fino agli stessi corpi intermedi, affinché al lavoro venga dato il giusto valore, in un’ottica di sviluppo pieno di ogni persona. I dati Istat sono allarmanti, quasi un milione di occupati in meno in un anno significa essere vicino a una bomba sociale”. Il neopresidente Acli ricorda di avere condiviso il prolungamento della cassa integrazione e il divieto di licenziamenti fino al prossimo autunno varato dal Governo Draghi, “ma ora – dice – bisogna guardare al futuro, perché arriverà il momento in cui queste misure finiranno l’effetto ‘anestetico'”. Per questo , sottolinea, “servono strumenti di potenziamento delle occasioni di incontro fra domanda e offerta di lavoro. Nuove infrastrutture fisiche e digitali, nuove risorse per orientare e formare quanti ricercano un lavoro. C’è molto da fare sul piano della formazione professionale. Servono investimenti e uno sforzo di coordinamento che consideri il contrasto al cosiddetto fenomeno del mismatch, il disallineamento tra l’istruzione che viene data e, invece, i profili professionali richiesti dalle nostre aziende”.