Quanto successo in questi giorni nel Mediterraneo, con l’ennesima tragedia di migranti morti affogati, “è inaccettabile. Dobbiamo reagire ogni giorno nella vita, innanzitutto innalzando la nostra preghiera al Signore, lottando ogni giorno per vincere l’indifferenza di questo nostro mondo, di questo nostro tempo così stordito, così preso da sé”. Lo ha affermato questa sera l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nel corso della veglia di preghiera in suffragio degli immigrati morti nel mar Mediterraneo.
Ricordando l’esperienza dei corridoi umanitari attivati da Comunità di Sant’Egidio, Chiese protestanti e Cei, l’arcivescovo ha evidenziato che la preghiera di stasera “vuole essere anche una grande domanda alla nostra società, a chi ci governa, a tutti: la domanda di smettere di essere anestetizzati e di piegarci finalmente ad ascoltare il grido di chi soffre”.
Nosiglia ha voluto condividere il proprio stato d’animo una volta appresa la notizia dell’ennesima tragedia nel Mediterraneo: “È risuonata in me – ha rivelato – la richiesta del Signore ‘dove è il tuo fratello? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo’. Sì, cari amici vorrei che sentissimo risuonare questo grido perché forse anche in noi prevale la risposta di Caino: sono forse io il custode di questi miei fratelli? Sì, ne siamo tutti i custodi e dunque ne siamo tutti causa anche della loro tragedia e morte”. “Non possiamo solo alzare il dito per accusare altri che pure hanno una grande responsabilità, ma – ha ammonito l’arcivescovo – accusiamo anche noi stessi la nostra indifferenza e noncuranza verso questi fratelli e sorelle e chiediamo il loro perdono perché non si ripeta più una simile tragedia”. “Solo così potremo ricevere anche da Dio il perdono e la forza di opporci ad ogni forma di esclusione e rifiuto di chi ci interpella nella miseria e sofferenza che vivono tanti immigrati che giungono nel nostro Paese dal nord al sud e chiedono di essere considerati veramente come spesso diciamo a parole nostri fratelli e sorelle”, ha concluso.