In Sud Sudan “il processo di pace ha portato a cose buone. C’è speranza per il futuro ma la violenza può esplodere da un momento all’altro. Collaborare al processo di pace, è questa la grande sfida per la Chiesa”. Questo diceva mons. Christian Carlassare, missionario comboniano e vescovo di Rumbek dall’8 marzo di quest’anno, ferito stanotte alle gambe con colpi di arma da fuoco da uomini armati che hanno fatto irruzione nella sua stanza, in una intervista al settimanale della diocesi di Vicenza “La voce dei Berici”. Il vicentino mons. Carlassare, è il più giovane vescovo della Chiesa cattolica, nel più giovane Paese al mondo, visto che il Sud Sudan si è costituito formalmente come Stato solo il 9 luglio 2011. “Il Sud Sudan non è solo uno Stato molto giovane – diceva – ma metà della popolazione ha meno di 18 anni e chiede di avere pastori giovani. A Rumbek, di fatto, facciamo solo pastorale con i giovani perché anche la conversione al cristianesimo è un fatto recentissimo. Il lavoro che faremo nei prossimi anni è riuscire a coinvolgere di più gli adulti e gli anziani. Praticamente è il contrario di quello che avviene in Italia”. Il cammino del Sud Sudan, spiegava, “è proseguito tra alti e bassi, momenti di calma e momenti in cui la situazione è collassata. Anche dopo l’indipendenza si è passati dalle grandi speranze ai problemi irrisolti ed emergenti: come governare il Paese e come utilizzarne le risorse. Le relazioni tra tribù e clan sono complicate. Nel 2013 abbiamo attraversato una nuova ondata di violenza che ha provocato 4 milioni di sfollati su 10 milioni di abitanti. Il Paese, di fatto, è smembrato. Inoltre ogni tribù ha deciso che doveva difendersi da solo perché lo Stato non assicurava protezione, così ora circolano molti gruppi armati. La violenza ha toccato solo marginalmente Rumbek, ma anche qui gli episodi di violenza e di furti del bestiame sono frequenti. La gente, purtroppo, è abituata ad un clima di violenza”.